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Al Fabrique con la tribù di Mace

di Benedetto Marchese

La voce di Blanco che canta “La canzone nostra”, un palco affollato sul quale tutti si abbracciano o si tengono per mano e il Fabrique, pieno zeppo, che alza mani e smartphone intonando il ritornello che è ormai il mantra della tribù di Mace. Lo sciamano che ha appena guidato i suoi fedelissimi al termine di quella che, se non è un’esperienza ultra corporea, resta comunque una delle più forti sensazioni di benessere dopo due anni difficilissimi per tutti. Il finale della tappa milanese dell’Obe Live 2022 è un condensato di amicizia, condivisione, calore e vibrazioni, che restituiscono anche vivo il valore e l’importanza di un lavoro con il quale il dj e produttore ha segnato un prima e un dopo nella scena italiana, aggregando nomi che non hanno prestato solo voce o strumenti ma molto di se stessi. La maggior parte sono ospiti della serata rinviata ben due volte e poi recuperata a due giorni dall’uscita di “Oltre”, nuovo album strumentale definito dall’artista “un diario irrazionale delle mie esplorazioni psichedeliche, sospese tra viaggio interiore e contemplazione della natura e della sua stessa coscienza. Un luogo altro che vive di immaginazione e sinestesia, un labirinto sonoro sospeso, dove perdersi a occhi chiusi e con lo spirito aperto. Ma soprattutto un invito a andare oltre le consuete percezioni sensoriali, oltre le paure, oltre i confini del proprio corpo, oltre le parole”. Lodevolmente oltre le logiche di un mercato che avrebbe voluto un secondo capitolo molto più simile al precedente e che, invece, vira verso sperimentazioni sonore che mettono alla prova un pubblico molto trasversale, che ha magari più dimestichezza con la club culture che non con il rap e la trap, e viceversa.

Un viaggio che inizia dove finiva “Hallucination” che nel locale di Linate assume i tratti di un rave londinese o berlinese, mentre le immagini sul telo di sfondo e le luci – perfetta traduzione visiva dei suoni – disegnano forme geometriche, occhi e suggestioni visionarie. Delineano anche i volti di chi si alterna al microfono pezzo dopo pezzo, accompagnato dalla gente sotto al palco che intona a memoria barre e versi: da Gemitaiz a Venerus, da Joan Thiele a Noyz Narcos, da Rkomi fino a Colapesce e Salmo, il cui ingresso sul finale è accolto da un’ovazione. Nessuno dei dodici ospiti esce di scena senza un abbraccio da parte di Mace che dalla sua postazione detta i tempi di un rito che attraversa generi, stili e dimensioni, restituendo un suono reso unico anche da un preziosissimo super gruppo che comprende anche i due Calibro35 Rondanini e Gabrielli e che lo accompagna in ogni passaggio di un’esibizione che lascia qualcosa di profondo. “La notte, quando lavoravo a Obe, non dormivo perché temevo che nessuno lo avrebbe ascoltato” dice Mace, invitando ad accettarsi e a seguire la propria strada; la sua tribù da milioni di ascolti digitali e dal sudore reale applaude e si prepara a seguirlo con totale fiducia in un altro viaggio.

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