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“Everybody knows” il gran ritorno dei Bluebeaters

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(@dettobene)

Ci sono voluti sei anni ma ne è valsa davvero la pena. Lo confermano i primi ascolti di “Everybody Knows” nuovo disco dei Bluebeaters uscito oggi per Record Kicks in tutti i negozi e su tutte le piattaforme digitali. Anticipato dai singoli Toxic, Catch that teardrop e Roll with it l’album segna un deciso ritorno alle origini del progetto partito ormai ventuno anni fa e rivitalizzato da un rinnovamento che nei mesi scorsi ha riportato in studio Cato, Ferdi, Tbone, Parpaglione e Pat Cosmo, uomo in più di un collettivo che nella nuova casa discografica ha ritrovato quell’atmosfera roots che si era affievolita nel tempo.

Registrato nello studio Andromeda di Max Casacci nella Torino che li aveva visti nascere, “Everybody Knows” unisce i classici ritmi ska e rocksteady ad un suono fresco, attuale e perfettamente esportabile come dimostrano i numerosi passaggi radiofonici assicurati nei giorni scorsi su Bbc 1xtra da David Rodigan. Dal classicone “Somebody has stolen my girl” alla sorprendente “La mia geisha” di Tenco (fra le migliori) le quattordici tracce attingono ad un repertorio vastissimo che da Britney Spears arriva a Kraftwerk, Springsteen e Oasis esprimendo al meglio qualità e passione del gruppo completato da Pakko e Davide Cuccu. Non mancano le collaborazioni come quelle di Maya, Giorgio Silvestri e Peter Truffa anche se il featuring più significativo è sicuramente quello di Bunna che duetta con Pat Cosmo in una splendida versione di “Girlfriend in a coma” degli Smiths.

In un album nuovamente illuminato dall’entusiasmo degli esordi, perfetto nella sua resa dal vivo, brilla infine la versione di “Teenage kicks” degli Undertones che si chiude sulle note e le parole di “Revolution Rock” di quei Clash che restano un punto di riferimento nel background del gruppo.

Tell your ma, tell your pa: the Bluebeaters are back!

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Buon compleanno Blubeaters

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(@dettobene)

Oggi i Bluebeaters compiono vent’anni esatti di attività. Mi hanno accompagnato in tantissimi momenti e serate sudatissime. La prima al Maffia di Reggio forse nel ’97 con questa locandina come trofeo, l’ultima a Firenze solo poche settimane fa. In mezzo lo Ska Festival di Londra, la Flog sold out, il Dlf di Genova dalla porta di emergenza, incontri, risate e molestissimi “Buuunnnaaaa!” sotto al palco. Tanti viaggi e altrettante emozioni. Auguroni ragazzi!.

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The Bluebeaters, ritorno a Firenze

The Bluebeaters

Benedetto Marchese (@dettobene)

In questi primi vent’anni della loro storia ho avuto il piacere di vedere i Bluebeaters un po’ ovunque: dalla prima volta, ormai un secolo fa, nell’indimenticabile Maffia di Reggio Emilia, all’ultima durante l’International Ska Festival di Londra prima di uno straordinario Ken Boothe. Ricordo una data natalizia nello strapieno Dlf di Genova e un’altra a Sarzana a due passi da casa, ma con Firenze avevo un conto in sospeso da parecchio tempo, più o meno dal 2001 quando ero rimasto fuori dal Flog senza biglietto. Allora c’era Bunna che lasciava il basso solo per cantare “Coming from the cold” e l’atmosfera era ancora quella degli inizi con i rudeboys in prima fila. Negli anni successivi Ferdi e compagni sono sicuramente tornati nella città toscana ma io ho sempre lasciato perdere, fino a due giorni fa quando proprio al Flog hanno chiuso questa prima parte del loro “ReTour”. Dieci date dopo qualche mese di silenzio, con una nuova formazione, spirito delle origini e rinnovato entusiasmo. Impossibile rinunciare dopo aver visto qualche video e aver letto e sentito i racconti di chi aveva assistito alle esibizioni precedenti. Un’attesa ripagata da quasi due ore travolgenti di rocksteady e sudore.

The Bluebeaters

Pronti, via ed è subito “Artibella” seguita da due estratti dal mitico “The Album”. Pat Cosmo al centro della scena è la prima grande novità, la seconda è “The Model” dei Kraftwerk, ovviamente stravolta rispetto all’originale ma resa alla perfezione dal vivo.

A meno di un mese dalla (ri)partenza i Bluebeaters viaggiano già alla grande, con Sheldon e Ferdi a dettare i tempi e Cato a tenere unito il gruppo. Mr T-Bone si alterna fra trombone e microfono dando il meglio su “Dance crash” e lo strepitoso omaggio a Franco Micalizzi con “Lo Chiamavano Trinità”, che introduce sul palco Maya “Lady Soul” la cui interpretazione di “Cry to me” di Solomon Burke impreziosisce una scaletta già ricchissima.

Il mood è perfetto per l’ingresso di Bunna che si presenta con “Roots & Culture” proseguendo con altri classiconi come “Coming from the cold”, “Carry go bring come”, “Simmer Down” e “Moneky man” con la sezione fiati in perfetto stile giamaicano completata da Parpaglione che trascina il pubblico sotto il palco. Ce ne sarebbe abbastanza per tornare a casa contento e dimenticare quel maledetto sold out, ma mi perderei altre chicche come “Revolution Rock” e la sorprendente “Toxic” di Britney Spears che esalta la presenza scenica di Pat Cosmo, sostituto al piano da Peter Truffa. Le sue qualità vocali erano già note ma il nuovo ruolo di frontman gli sembra cucito addosso per l’energia e il carisma che trasmette. Colonna portante di un progetto ripartito con umiltà ma anche con il talento di sempre e la consapevolezza di poter proseguire su questa strada verso altri tour, inframmezzati magari da una tappa in sala di registrazione.

The Bluebeaters

Per ora solo un auspicio mentre Maya apre la serie dei bis con “My Boy Lollypop” seguita da “Boggie in my bones”, “Shame and scandal” e “There’s a reward” prima dell’esilarante balletto finale. Un ritorno alle origini vero ed emozionante, con tanta passione e senza protagonismi.

Arrivederci Firenze.

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Giuliano Palma & The Blubeaters al London International Ska Festival

di Benedetto Marchese

Quando Ferdi, Cato e gli altri Bluebeaters iniziano a suonare sul palco del London International Ska Festival il sole del pomeriggio di Londra deve ancora calare, in un caldissimo giovedì di aprile in cui la città in attesa del matrimonio reale fra William e Kate, celebra il compleanno della Regina. Tutta la city ad eccezione del Grand Theatre di Clapham, vivace quartiere a sud del Tamigi e del centro affollato di turisti, nel quale si apre l’evento prodotto da Rockers Revolt di Sean Flowerdew per celebrare il genere in levare nato in Giamaica ed esploso proprio in Inghilterra fra gli anni Sessanta e Settanta. Fra i primi gruppi ad esibirsi nella serata inaugurale che terminerà con il memorabile concerto di Ken Boothe, ci sono proprio Giuliano Palma & The Blubeaters, unici italiani in un cartellone che comprende anche Marcia Griffiths, Dave & Ansel Collins e The English Beat. Inizialmente la prima fila è tutta per i molti italiani residenti in città, ai quali si sono aggiunti anche coloro arrivati appositamente per l’evento, mentre i rudeboys di casa con Fred Perry, teste rasate e bretelle d’ordinanza osservano ed ascoltano appoggiati al bancone del bar, bevendo Red Stripe ma con l’orecchio teso verso quei ragazzi sul palco, impeccabili nei loro completi e nell’affiatamento consolidato in centinaia di esibizioni sui palchi di tutta Italia e della stessa Londra l’anno scorso. Una scena che dura per una manciata di brani, fra “Living in a footsteps of another man”, “I’m what i am” e “Testardo io”, perché col passare dei minuti uno ad uno scendono nella pista del meraviglioso teatro Vittoriano mettendosi a ballare fianco a fianco con quelli che i Bluebeaters li hanno visti un po’ ovunque ed in tutte le formazioni. L’atmosfera è quella giusta, ed il feeling fra chi sta sopra e chi sta sotto il palco prosegue anche nei pezzi successivi, da “Che cosa c’è” ad “I don’t know how i love you” fino a “Tutta mia la città”. Sono appena le otto di sera ma potrebbe essere una notte fonda dell’epoca d’oro dello ska di qualche decennio fa, perché sia la location che lo spirito del festival contribuiscono a rendere il tutto perfetto. La conferma arriva poco dopo con il finale che coinvolge vecchi e giovani skin di casa per “Be young be foolish be happy” e la travolgente “Messico e nuvole” che chiude un’esibizione all’altezza degli altri nomi di una serata, che poco dopo vede Giuliano e tutti gli altri confusi nel pubblico di Ken Boothe, a raccogliere sinceri complimenti e solide strette di mano con la meravigliosa voce di “Mr rockstready” in sottofondo. Arrivederci Londra, anche questa volta ne è valsa ogni goccia di sudore.

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