Archivi categoria: Music

Kruder & Dorfmeister a teatro

kd1.jpg(@dettobene)

Il tempo è passato anche per loro, Peter Kruder e Richard Dorfmeister non sono più i ragazzi che giocavano a fare Simon & Garfunkel sulla copertina dell’ep del debutto “G-Stoned”. Venticinque anni dopo i due dj e produttori brizzolati sono un pezzo di storia dell’elettronica, padrini di un suono che da Vienna ha conquistato il mondo. Come tali arrivano sul palco del Teatro Comunale di Bologna, per l’unica data italiana (ma il 5 luglio saranno a Milano) che celebra la loro carriera ma anche l’importante anniversario di Estragon, e apre con largo anticipo il programma degli eventi estivi promossi dal Comune.

Dettagli illustrati sul palco, in modo inusuale per il tipo di evento e in un clima di grande attesa, dai diretti interessati, compreso il responsabile di Wind Tre che ha reso possibile l’esibizione. Tutti i biglietti dell’affascinante teatro infatti sono stati distribuiti gratuitamente ed esauriti nel giro di pochi minuti, e i fortunati che sono riusciti ad accaparrarseli arrivando anche da lontano, sono tutti al loro posto, in platea come nei palchetti del maestoso teatro.

Dopo l’introduzione di rito, l’attacco inconfondibile di “Bug powder dust” riporta subito alla fine del Millennio e a quel “K&D Sessions” che ha cambiato le loro vite e ne ha influenzate molte altre, creando un genere che oggi suona ancora con la stessa eleganza. Dietro la consolle Kruder seleziona e Dorfmeister gigioneggia, mentre sul megaschermo alle loro spalle si alternano disegni, immagini e giochi di luci (nulla però rispetto a questa esibizione). In platea il pubblico attende solo un segnale per rompere la formalità del contesto che fortunatamente dura solo pochi minuti.

Su un altro pezzone come “Rollin’ on Chrome” infatti dalle prime file qualcuno abbandona il proprio posto invitando anche gli altri a seguirlo. In pochi secondi il teatro del 1763 diventa un raffinato club nel quale si muovo appassionati di età diverse a testimonianza del profondo solco tracciato dai due con le loro produzioni. Una carriera condensate in un set di due ore, che seppur a volumi un po’ troppo bassi esplora anche sonorità meno morbide, prima di un epilogo dai due volti. Se un’improbabile e inutile versione di “Bella ciao” lascia spiazzati, il finale con l’immortale remix di “Useless” dei Depeche Mode è il momento più alto e più atteso di un inedito sabato a teatro con Kruder e Dorfmeister.

29597754_10215987031928638_1082778348480528045_n

Lascia un commento

Archiviato in Music

Una foresta nei club, vent’anni di Subsonica

2wfev0ys

(@dettobene)

Più di 1600 fan ad attenderli all’interno del locale e loro bloccati fuori, in coda, per quasi mezz’ora. Cosa che per stessa ammissione dei Subsonica non era mai accaduta e che Boosta e compagni hanno potuto aggiungere agli altri mille aneddoti di una carriera lunga vent’anni, festeggiata al Mep di Sestri Levante per l’unica tappa ligure del tour celebrativo che si è concluso il 5 marzo a Catania dopo luna lunga serie di sold out. Lista alla quale si è aggiunta con largo anticipo anche la data caratterizzata dai timori per la pioggia e l’allerta meteo e soprattutto da un’affluenza che ha messo a dura prova la pista del locale da liscio, prestata nell’occasione al suono inconfondibile della band che proprio a Sestri tenne uno dei suoi primi concerti fuori da Torino.

Storia di fine anni Novanta, più di preciso del 1997, in cui uscì il primo album omonimo e punto di partenza di ogni esibizione di questo “Una foresta nei club tour”, pensato appositamente per ripercorrere cronologicamente un percorso scandito prima di ogni sezione – tre brani per ciascun album – da fatti e protagonisti del periodo. Come per la vicenda di Silvia Baraldini, citata nell’audio di un tg dell’epoca e protagonista di “Come se”, brano di apertura in un Mep stipato in ogni angolo e con la gente sistemata anche sulle porte di uscita. Un set antologico ma per nulla banale, con alcuni estratti presentati raramente in versione live ed eseguiti con lo spirito e l’energia degli esordi, quando i palchi erano molto più stretti e ad altezza del pubblico e pezzi come “Istantenee” e “Cose che non ho” erano le basi su cui costruire una strada proseguita con “Sonde”, “Aurora sogna” e “Colpo di pistola” da Microchip Emozionale. Episodi divenuti colonna sonora di una generazione di pubblico mescolato in buon numero ai giovani irriducibili delle prime file. Stesso sudore e identica memoria nel seguire i brani di Amorematico come “Albascura”, “Dentro i miei vuoti” o “Gente tranquilla”, esempio di quel modo di raccontare anche le pieghe più agghiaccianti dell’attualità italiana. Pezzo datato 2002, come scritto nei led alle loro spalle, a ricordare con le parole di Samuel anche quello che fu il G8 di Genova “in cui vennero cancellati tutti i diritti”.
Quindi i brani da Terrestre con l’apprezzatissima “Incantevole”, la travolgente “Abitudine” e “Corpo a corpo”, sintesi perfetta di una platea abbracciata ai cinque inesauribili musicisti, seguiti in lungo e in largo da fan dai quali nel tempo hanno ricevuto un affetto solidissimo, immune anche alle inutili polemche del mese scorso. Un (non) caso quello della colonna sonora di “The hateful eight” su cui si è soffermato Max Casacci – impeccabile per le due ore di concerto nonostante il piede ingessato dopo l’infortunio di Marghera – ribadendo il rispetto per Ennio Morricone, “fin dall’inizio un riferimento in Italia per la band” e soprattutto esprimendo una critica più che condivisibile a chi ha costruito sul nulla un polverone mediatico. Un intervento che il chitarrista ha concluso con un sincero ‘in bocca al lupo’ al Maestro in vista dell’assegnazione degli Oscar, prima di introdurre la sezione de L’eclissi del 2007. Anno di guerre ma anche di figure preziose come Gino Strada, salutato dal palco e dall’applauso del pubblico prima di “Ali scure”. Poi il crescendo verso il finale più adrenalinico con “Il centro della fiamma”, “Veleno”, “Benzina ogoshi” (suonata forse per la prima al Cep di Genova per Don Gallo) impreziosita sul finale dall’omaggio di “Io sto bene” dei CCCP, “band – ha sottolineato Samuel – che ha insegnato a molti come si vive”.

Ultimi atti di un set che ha confermato l’attitudine dei Subsonica alla dimensione del club scelta per questo tour, nonostante i numeri e il seguito siano da tempo più adatti a contesti più capienti. Un viaggio in un repertorio lungo vent’anni approdato fino ad Una nave in una foresta con “Specchio”, “I cerchi negli alberi” e “Lazzaro” per versare le ultime gocce di sudore prima del gran finale con “Tutti i miei sbagli” del 2000. “Brano pensato appositamente per Sanremo – ha concluso il cantante – dove siamo andati anche per essere accompagnati da un’orchestra, convinti che non ci sarebbe più capitato”. Ultime parole prima dell’ovazione e di un’emozionante arrivederci denso di ricordi.

foto @maiavignolo

(pubblicato su Genovapost il 28 febbraio 2016)

Lascia un commento

Archiviato in Music

Good Old Boys, i cinque fratelli del rap sulla strada del Boss

IMG_20150809_020802

(@dettobene)

Rap, sudore e amore: niente a che vedere con il trascurabilissimo tormentone estivo di qualche anno fa, ma il riassunto ben più sostanzioso del passaggio sul palco del Boss dei Good Old Boys, ovvero Colle Der Fomento e Kaos One, figure chiave dell’hip hop italiano che hanno confermato, se ancora ce ne fosse bisogno la loro la loro attitudine live ma anche il solidissimo legame con una città che in ogni occasione ha sempre ricambiato il loro arrivo con grande affetto. Mai prima di questa edizione del festival al Centro Allende, si erano però presentati tutti insieme nella versione che ormai da due anni li vede in tour come unica entità con tre microfoni e i due dj Baro e Craim.
Il risultato, in una città coinvolta nella scena fin dagli inizi, poteva essere solo un set caratterizzato dai brani più importanti delle rispettive carriere messi in rima a pochi centimetri da un pubblico che ha profuso ogni goccia di sudore ma non ha perso né un beat né una sola strofa di quei cinque amici, o fratelli come loro stessi si definiscono, dagli stili diversi ma perfettamente complementari con identità e coerenza come punti di partenza.

IMG_20150809_020615
“E’ che se volemo bene” puntualizza Danno – con l’accento romano con cui negli anni assieme all’impeccabile Masito ha raccontato vizi, strade e vita della Capitale – introducendo “Sergio Leone”, singolo che due anni fa doveva anticipare l’imminente uscita di un album che ancora non c’è mentre i ‘colleghi’ continuano a sfornare lavori più o meno discutibili in un momento in cui sotto la parola ‘rap’ si vende tutto o quasi. Qui c’è forse il tratto distintivo dei Colle Der Fomento come di Kaos e quindi Good Old Boys: centinaia di concerti ovunque in giro per l’Italia ma pochi album, senza sentire l’esigenza di monetizzare indiscutibili talento e passione. “Non ci vedete in tv e non ci sentite nelle radio – rivendica l’mc – ma siamo ancora qui, a testa alta, dopo vent’anni”. Il motivo è spiegato dalla carica di pezzi come “Piombo e fango”, “Firewire”, “Ghetto Chic”, “Capo di me stesso”, “Ciao ciao” o “Più forte delle bombe” e dalle parole che lo stesso Danno rivolge ai giovanissimi delle prime file “Fidatevi solo di quello che piace a voi, state alla larga da chi avanza salendo in testa agli altri, siate precisi. Non ascoltate artisti senz’anima”. Fra questi ultimi non c’è sicuramente Kaos One, precursore del rap italiano che in un mercato come quello attuale potrebbe vivere di rendita su quanto fatto dalla metà degli anni Ottanta ad oggi e invece, con l’inconfondibile voce roca di sempre, mette in rima la distanza dalla faccia più commerciale della stessa medaglia. Ecco “Uno”, “Carcere a vita” e “Quello che sei” prima di “Cose e preziose” e “La fenice”, collaborazione datata 2007 e ancora di fortissimo impatto live.

IMG_20150809_183226
Fra scratch, rime e citazioni di Morricone, con il pubblico del Boss già conquistato da un bel po’, non può mancare un omaggio a Sean Price, rapper statunitense scomparso prematuramente poche ore prima e ricordato dallo stesso Danno, sia in apertura che sulla fine del concerto quando, accennando alla sua storia fatta di errori e grandi ritorni ribadisce: “C’ha messo il cuore e l’anima perché non è vero che conta solo chi vince e che nella vita c’è un solo round, nella vita dovete crederci e voler bene a chi vi sta accanto”. A pochi metri da lui c’è ancora Kaos, uno dei cinque fratelli sulla strada: “Speriamo di avervi lasciato qualcosa – conclude rivolto alla sua gente – di sicuro noi qualcosa di buono ce lo portiamo via”. Solo amore.

IMG_20150809_184218

(pubblicato su Cittadellaspezia il 9 agosto 2015)

Lascia un commento

Archiviato in Music

Lo “Specchio” dei Subsonica contro i disturbi alimentari

(@dettobene)

“In Italia 3 milioni di persone soffrono di disturbi del comportamento alimentare. Nel 90% dei casi si tratta di donne adulte, adolescenti e bambine. La maggior parte ha subito abusi e maltrattamenti”. Parte da qui il cortometraggio dei Subsonica realizzato da Luca Pastore (già autore di altri loro video) che da oggi accompagna il singolo “Specchio”, estratto dall’ultimo album ‘Una nave in una foresta’, che si apre proprio con la testimonianza di una ragazza che elenca gli effetti devastanti di problemi il più delle volte sottovalutati nella loro fase embrionale.

“Una storia di voci e di immagini – scrivono oggi Max e compagni – che parlano del rapporto con il cibo quando questo rapporto diventa malattia. Parlano del perché e anche del come sia troppo facile spalancare una porta che non si richiude mai con facilità. Il problema dell’anoressia e dei disturbi alimentari, oggi interessa troppe persone: ragazze, donne ma ormai anche bambine. E anche uomini. Noi non pretendiamo di risolvere un problema – aggiungono – nemmeno di intaccarlo. Però forse meglio di altri possiamo contribuire a spazzare via i tabù che ostacolano la circolazione di cose che si devono sapere. Noi abbiamo creduto molto e ci crediamo molto”. Un messaggio molto importante rivolto ad un pubblico ormai molto trasversale e abituato ad dialogo sempre costante ed aperto con il gruppo torinese, anche sulle tematiche più delicate che possono essere efficacemente affrontate anche con musica ed immagini come in questo caso.

Una bella iniziativa. Bravi.

Lascia un commento

Archiviato in Music

“LVL07” il debutto della nuova Manchester

levelz

(@dettobene)

Fuori di testa, autoironici ma soprattutto bravi; parecchio. Sono i membri del collettivo Levelz: artisti, musicisti e creativi, tutti rigorosamente di Manchester, alcuni dei quali già molto noti nella scena bass music britannica. Partito un anno fa dalla serata drum and bass/dubstep ‘Hit and run’ il progetto è proseguito con tre video mixtape ed è arrivato fino allo straordinario video di “LVL07” pubblicato ieri e il cui singolo sarà in download dal 22 dicembre. Sulle immagini della città del Nord e dei suoi nuovi alfieri (a tratti esilaranti) ripresi da Thomas Doran si alternano le rime di T-Man, Sparkz, Skittles, Fox, Truthos Mufasa, Chimpo, Chunky, Black Josh mentre il beat, che s’inserisce nel sound indefinibile ma ben riconoscibile che i vari membri del gruppo hanno prodotto negli ultimi tre anni, è opera di Biome, con la partecipazione di Metrodome, Rich Reason e il monumento mancuniano Zed Bias. Non è solo l’accento a diversificarli dalla marea di produzioni londinesi talvolta ripetitive, ma anche un approccio molto eclettico e ricco di influenze che vanno dalla jungle al rap e alla dancehall, impreziosite da quella scintilla creativa e innovativa che caratterizza Manchester da sempre, anche nella musica elettronica. 

Qui il podcast del loro recente passaggio a Rinse FM

(foto Zeyd Ayoob)

Lascia un commento

Archiviato in Music

Claudio Sinatti, cose difficili

Immagine

(@dettobene)

Nella notte fra sabato e domenica se n’è andato all’età di 42 anni Claudio Sinatti, creativo, videomaker e artista multimediale milanese. La sua attività è sempre stata molto legata alla musica, all’elettronica in particolare,  e un po’ della sua storia è stata raccontata  qui da Anna Maria Monteverdi e qui da Sergio Messina.

Per me è stato essenzialmente il regista di alcuni video dei Casino Royale dato che con loro aveva realizzato “Cose difficili Sxm”, il vhs “In trasmissione” e “Crx”. Brani ed immagini che fra il ’96 e il ’97 hanno contribuito in modo determinante alla mia formazione musicale, avvicinandomi ai Sangue Misto e tutto ciò che rappresentavano e facendomi conoscere ancora meglio le vicende di quei tizi che infornavano pesci, si muovevano nervosamente in ‘quelle stanze’ e si specchiavano negli spazi interiori e metropolitani dell’album più avanti di sempre. Iniziavano ad essere per me gli anni della drum and bass e di pezzi come “Simplmente Asì” di Painé. Anche quel video lo aveva girato Claudio Sinatti, l’ho scoperto stasera ma ne avrei fatto volentieri a meno.

Lascia un commento

Archiviato in Music

Buon compleanno Blubeaters

20140318-223404.jpg

(@dettobene)

Oggi i Bluebeaters compiono vent’anni esatti di attività. Mi hanno accompagnato in tantissimi momenti e serate sudatissime. La prima al Maffia di Reggio forse nel ’97 con questa locandina come trofeo, l’ultima a Firenze solo poche settimane fa. In mezzo lo Ska Festival di Londra, la Flog sold out, il Dlf di Genova dalla porta di emergenza, incontri, risate e molestissimi “Buuunnnaaaa!” sotto al palco. Tanti viaggi e altrettante emozioni. Auguroni ragazzi!.

Lascia un commento

Archiviato in Music

The Bluebeaters, ritorno a Firenze

The Bluebeaters

Benedetto Marchese (@dettobene)

In questi primi vent’anni della loro storia ho avuto il piacere di vedere i Bluebeaters un po’ ovunque: dalla prima volta, ormai un secolo fa, nell’indimenticabile Maffia di Reggio Emilia, all’ultima durante l’International Ska Festival di Londra prima di uno straordinario Ken Boothe. Ricordo una data natalizia nello strapieno Dlf di Genova e un’altra a Sarzana a due passi da casa, ma con Firenze avevo un conto in sospeso da parecchio tempo, più o meno dal 2001 quando ero rimasto fuori dal Flog senza biglietto. Allora c’era Bunna che lasciava il basso solo per cantare “Coming from the cold” e l’atmosfera era ancora quella degli inizi con i rudeboys in prima fila. Negli anni successivi Ferdi e compagni sono sicuramente tornati nella città toscana ma io ho sempre lasciato perdere, fino a due giorni fa quando proprio al Flog hanno chiuso questa prima parte del loro “ReTour”. Dieci date dopo qualche mese di silenzio, con una nuova formazione, spirito delle origini e rinnovato entusiasmo. Impossibile rinunciare dopo aver visto qualche video e aver letto e sentito i racconti di chi aveva assistito alle esibizioni precedenti. Un’attesa ripagata da quasi due ore travolgenti di rocksteady e sudore.

The Bluebeaters

Pronti, via ed è subito “Artibella” seguita da due estratti dal mitico “The Album”. Pat Cosmo al centro della scena è la prima grande novità, la seconda è “The Model” dei Kraftwerk, ovviamente stravolta rispetto all’originale ma resa alla perfezione dal vivo.

A meno di un mese dalla (ri)partenza i Bluebeaters viaggiano già alla grande, con Sheldon e Ferdi a dettare i tempi e Cato a tenere unito il gruppo. Mr T-Bone si alterna fra trombone e microfono dando il meglio su “Dance crash” e lo strepitoso omaggio a Franco Micalizzi con “Lo Chiamavano Trinità”, che introduce sul palco Maya “Lady Soul” la cui interpretazione di “Cry to me” di Solomon Burke impreziosisce una scaletta già ricchissima.

Il mood è perfetto per l’ingresso di Bunna che si presenta con “Roots & Culture” proseguendo con altri classiconi come “Coming from the cold”, “Carry go bring come”, “Simmer Down” e “Moneky man” con la sezione fiati in perfetto stile giamaicano completata da Parpaglione che trascina il pubblico sotto il palco. Ce ne sarebbe abbastanza per tornare a casa contento e dimenticare quel maledetto sold out, ma mi perderei altre chicche come “Revolution Rock” e la sorprendente “Toxic” di Britney Spears che esalta la presenza scenica di Pat Cosmo, sostituto al piano da Peter Truffa. Le sue qualità vocali erano già note ma il nuovo ruolo di frontman gli sembra cucito addosso per l’energia e il carisma che trasmette. Colonna portante di un progetto ripartito con umiltà ma anche con il talento di sempre e la consapevolezza di poter proseguire su questa strada verso altri tour, inframmezzati magari da una tappa in sala di registrazione.

The Bluebeaters

Per ora solo un auspicio mentre Maya apre la serie dei bis con “My Boy Lollypop” seguita da “Boggie in my bones”, “Shame and scandal” e “There’s a reward” prima dell’esilarante balletto finale. Un ritorno alle origini vero ed emozionante, con tanta passione e senza protagonismi.

Arrivederci Firenze.

2 commenti

Archiviato in Music

Calligrafia e creatività, Luca Barcellona al Festival della Mente

Immagine

(@dettobene)

“La difficoltà più grande? Spiegare il mestiere che faccio”. Luca Barcellona ci è riuscito perfettamente la settimana scorsa nel suo intervento alla decima edizione del Festival della Mente di Sarzana, dove il calligrafo milanese ha raccontato la sua attività in quella che ha definito una “disciplina di artigianato che sconfina nell’arte”.
Scrittura elegante e regolare che pur avendo una grandissima tradizione in Italia viene difficilmente inquadrata come un mestiere vero e proprio ed è tenuta viva dal lavoro e dalla passione di veri e propri artigiani moderni come Barcellona – insegnante all’Associazione Italiana di Calligrafia-, che all’attento pubblico della manifestazione ha spiegato influenze, origini ed applicazioni della sua passione.
“Ognuno di noi ha avuto un modello di scrittura ma la generazione precedente alla mia a scuola studiava la calligrafia, mentre quando ho iniziato a frequentare grafica negli anni Novanta, iniziavano ad imperversare i pc. “Il futuro è digitale” si diceva, oggi siamo abituati a schiacciare un tasto da cui escono lettere tutte uguali ma allo stesso tempo si assiste ad un lento ma graduale ritorno all’interesse per il manuale.
La calligrafia non è nulla di vecchio  e nostalgico – ha raccontato – ma qualcosa che ci circonda. In ogni città ci sono insegne che rappresentano incredibili fonti di ispirazione, anche se i Beni Culturali non si preoccupano di conservarle e raccoglierle in un museo. Il vero problema è che i bottegai stanno sparendo e queste vengono sostituite da caratteri tipografici sempre simili, c’è omologazione della comunicazione visiva”.
Una formazione quella di Luca Barcellona che viene proprio dalla quotidianità urbana, espressa in passato con il rap – con lo pseudonimo di Lord Bean – e soprattutto con il writing, disciplina che ha caratterizzato tutto il suo lavoro: “L’esperienza dei graffiti – ha detto – mi è servita molto perché era un’attività diretta, che non si poteva studiare. Era la realizzazione di un progetto su una superficie enorme partendo da una piccola bozza. All’estero c’è il mito della calligrafia italiana ma noi abbiamo un po’ trascurato questo tipo di cultura”.

Immagine
I suoi tratti calligrafici (raccolti nel libro Take Your pleasure seriously) sono stati utilizzati per la realizzazione di logotipi ed artwork per marchi come Dolce & Gabbana, Carhartt e Nike, oltre che da artisti come Nina Zilli e Casino Royale mentre il regista Luca Guadagnino ha voluto le sue grafiche per il film “Io sono l’amore”. “Devo dire – ha rivelato – che andare al cinema e vedere i miei titoli sullo schermo è stato davvero emozionante. Il lavoro che mi ha maggiormente segnato ha riguardato invece la riproduzione di un mappamondo del Cinquecento per il museo nazionale di Zurigo. Un’opera realizzata interamente a mano, riprodotta fedelmente con i tempi e gli errori degli artigiani dell’epoca”.
Nell’era del digitale in cui anche a scuola si usa sempre meno la penna a favore di mouse, tablet e tastiere, il lettering conserva comunque la sua natura di arte che deve tenere conto dello spazio e del tempo: “59 minuti di pensiero per un minuto di azione” ha detto citando un detto giapponese. Impulso che dalla mente arriva alla mano senza filtri o ritocchi. “Ieri durante il suo intervento qui al Festival – ha ricordato Luca Barcellona – Freccero ha definito la creatività come rottura di regole o codici, io penso che però questi debbano essere conosciuti”. Estetica dunque ma anche contenuto, artistico o commerciale, da veicolare attraverso il tratto di un carattere che comunica storie ed emozioni.

(pubblicato su Cittadigenova l’1/9/13)

Lascia un commento

Archiviato in Music

“Soon come” il ritorno alle origini di Shy Fx e Liam Bailey

Immagine

di Benedetto Marchese (@dettobene)

Ad accomunare Shy Fx e Liam Bailey, oltre al talento, ci sono le origini giamaicane che il dj e produttore londinese e l’eclettico cantante di Nottingham hanno celebrato nel pezzo “Soon Come”, uscito solo in questi giorni ma presente già da qualche settimana nei set e nei programmi radiofonici di personaggi come David Rodigan, Annie Mac e Toddla T. Indiiscutibilmente il pezzo reggae dell’estate, ma anche una pregevolissima anteprima dell’album “Cornerstone” che Shy Fx pubblicherà prima della fine dell’anno concedendosi un gustoso ritorno alle origini delle sonorità che hanno sicuramente influenzato la jungle e gli esordi della sua ormai ventennale carriera. Il nonno di Shy Fx -pseudonimo- di Andre Williams- era infatti Count Shelly (QUI in una storica foto di Dennis Morris) che negli anni Sessanta e Settanta con il suo sound system contribuì alla diffusione della cultura reggae importando a Londra i vinili più importanti che venivano stampati a Kingston e dintorni. Una passione per la musica che il nipote ha fatto sua sin dall’adolescenza gettando le basi per un percorso fondamentale per la scena britannica. Nel 1997 Brian Belle-Fortune nel suo fondamentale libro sulla genesi della drum and bass “All Crews” descriveva così la camera del ragazzo che qualche anno più tardi con “Shake your body” avrebbe raggiunto la posizione numero 7 della classifica inglese: “Anche un agente immobiliare arrossirebbe definendola un ripostiglio: custodie per i dischi, dubplates, vinili, etichette e cavi sono ovunque. L’unico spazio libero del pavimento è l’angolo in cui ci sono i due Technics”. La pietra angolare su cui Shy ha dato vita alla sua etichetta Digital Soundboy ed ora a questo disco, anticipato dal singolo che è un vero e proprio omaggio alla cultura ‘slow and easy’ dell’isola e dei fondatori del reggae. Per farlo ha scelto Liam Bailey – padre giamaicano, anima soul e una carriera decollata anche grazie ad Amy Winehouse- per la sua bravura e la voce che ricorda moltissimo quella di alcuni dei mostri sacri come Dennis Brown, adattandosi perfettamente alle sonorità vintage del pezzo di cui sono stati realizzati due video, uno con lo stesso straordinario vocalist come protagonista e l’altro con affascinanti immagini retro di un’isola che continua ad avere un’enorme influenza su tutto quello che mi capita di ascoltare. 

 

Lascia un commento

Archiviato in Music

Quindici anni dopo l’ultimo video i Colle der Fomento tornano con “Sergio Leone”. Nuovo album in autunno

1015226_595803473785659_432463155_o

(@dettobene)

A sei anni dall’ultimo album “Anima e ghiaccio” finalmente c’è una data: venerdì 21 giugno. Come annunciato oggi dal gruppo infatti fra pochi giorni uscirà “Sergio Leone” il nuovo singolo dei Colle der Fomento che sarà accompagnato da un video realizzato da Videoaddicted e dalle premesse si preannuncia come un’autentica chicca. Una notizia attesa a lungo nel mondo dell’hip hop nostrano che nel frattempo ha allargato notevolmente (non senza conseguenze) i propri confini mediatici e commerciali. Un contesto nel quale in tutto questo tempo Danno, Masito e dj Baro hanno continuato a lavorare minuziosamente al nuovo album e ad infiammare palchi anche con il progetto “Good old Boys” insieme a Kaos e Craim, rimanendo un punto di riferimento inarrivabile per stile e contenuti. Ora dopo quindici anni c’è finalmente la certezza di un nuovo video, da vedere e rivedere in attesa del prossimo disco che sarà fuori in autunno. In fondo non manca molto. 

L’ultima volta qui:

Lascia un commento

Archiviato in Music

This is Madchester: Shane Meadows racconta la resurrezione degli Stone Roses

Manchester - Kevin Cummins

di Benedetto Marchese (@dettobene)

Nell’ottobre del 2011 come altre migliaia di persone avevo provato ad acquistare un biglietto per uno dei tre concerti che gli Stone Roses avrebbero tenuto nel giugno successivo all’Heaton Park di Manchester. Sarebbe stata la mia prima volta in una città fondamentale per influenze stilistiche e sottoculturali ma l’impresa si era rivelata davvero impossibile dato che in un’ora erano stati venduti tutti i 220ventimila tagliandi disponibili. Dettagli di ordinario fanatismo per una delle band più venerate della storia della musica britannica, al ritorno dopo quindici anni di inattività. Ora però –dopo aver perso anche il concerto di Milano dell’estate scorsa- potrò finalmente rifarmi grazie al documentario “Made on Stone” realizzato da Shane Meadows in uscita nei prossimi mesi. Il regista di “This is England” e “Dead Man’s Shoes” (date un’occhiata alla maglia realizzata da quelli di Casual Connoisseur), per quasi un anno ha seguito la band vivendone i momenti privati e l’euforia delle prime date di una reunion che è poi proseguita con un tour mondiale. “Quando Ian Brown mi telefonò per dirmi che la mia band preferita stava per tornare di nuovo insieme –ha detto Meadows- è stato come se i sogni di tutti i fans degli Stone Roses si stessero avverando”. Con due soli album all’attivo il gruppo infatti è diventato il punto di riferimento per una generazione cresciuta sulle gradinate degli stadi grazie a brani come “I Wanna Be Adored”, “Fools Gold” e “She Bangs the Drums”.

Ora tocca al regista sviluppare un’istantanea di un ritorno atteso a lungo, raccontando l’emozione di Ian Brown e soci ma anche di tutti coloro che hanno fatto di Roses una band di culto. “Siamo entusiasti –ha commentato Katherine Butler di Film4 che ha interamente finanziato il progetto con 4DVD- perché è difficile pensare ad un’opera più eccitante di questa, data anche la combinazione fra la meravigliosa regia di Shane, il genio degli Stone Roses e la collaborazione della Warp Film (ramo cinematografico dell’etichetta di Aphex Twin)”. Il documentario è attualmente in post-produzione ed uscirà prima dell’estate, in tempo –secondo i produttori- per essere distribuito in concomitanza con il prossimo Festival di Berlino.

Infine merita una piccola spiegazione anche la foto che accompagna queste righe. È la copertina “Manchester: Looking for the Light through the Pouring Rain” di Kevin Cummins (edizione Faber and Faber), un imponente libro acquistato nei giorni scorsi a Londra. Attraverso gli scatti del noto fotografo mancuniano il volume racconta i protagonisti della scena musicale della sua città. Un prezioso punto di partenza per storie da raccontare più avanti.

Lascia un commento

Archiviato in Music

Dopo l’addio a Kiss Fm David Rodigan torna in radio: dal 13 febbraio su BBC 1Xtra

David Rodigan

di Benedetto Marchese (@dettobene)

Una buona notizia: dal prossimo 17 febbraio David Rodigan tornerà in radio, il sabato sera dalle 19 alle 21. Meno di due mesi dopo l’addio da Kiss FM, dove per 22 anni aveva trasmesso il meglio della musica reggae internazionale, il leggendario dj e selecter oggi ha annunciato di aver raggiunto un accordo con 1Xtra, costola digitale della BBC che dal 2002 si occupa di tutte le sonorità black ed urbane. Il suo show avrà una collocazione in primetime non casuale dato che in novembre la separazione da Kiss Fm era avvenuta proprio a causa dello slittamento a tarda notte del suo programma. Un palinsesto troppo marginale secondo Rodigan per i tantissimi appassionati di un genere che lui diffonde ormai da più di trent’anni. “Sono molto felice –ha invece commentato oggi, un anno dopo essere stato inserito da Sua Maestà nell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico- di entrare a 1Xtra, dove posso condividere la mia passione sia per il nuovo reggae che per i brani più classici di un genere che continua a svolgere un ruolo fondamentale nella bass culture”.

Entusiasta anche il commento di Ben Cooper, direttore editoriale di Radio 1 e 1Xtra, che ha dichiarato: “Rodigan è una leggenda radiofonica e sarà un piacere ascoltarlo sulle nostre frequenze. È fantastico accogliere alla BBC una persona con la sua conoscenza e la sua passione verso il reggae  e la musica”. Ma la collaborazione fra Rodigan e l’emittente britannica non si esaurirà con il nuovo appuntamento domenicale ma proseguirà con altre 13 puntate del suo spettacolo dedicato alla storia del reggae che sarà trasmesso in estate su Radio 2.

(Rodigan questa settimana sarà in Italia per due date: venerdì al Crazy Bull di Genova e sabato a Torino)

Lascia un commento

Archiviato in Music

2012 bpm

@dettobene

Poche serate e pochi concerti, anche dal punto di vista musicale non è stato un 2012 clamoroso. Fra le cose da ricordare ci sono ovviamente le due serate Hospitality alla Brixton Academy, in particolare quella di settembre in cui ho registrato questo video di S.P.Y. Ecco, il suo album è uno dei più belli di questo anno solare.

Sempre in ambito Drum and Bass hanno fatto cose egregie anche High Contrast con “The Agony & The Ecstasy” (sempre per Hospital) e  Calyx and TeeBee con il loro “All Or Nothing” per Ram Records. Posto di seguito alcuni brani loro ed altri particolarmente significativi di questo anno in cui si è affermato ulteriormente anche l’italiano Maztek con Renegade Hardware.

High Contrast – The Road Goes On Forever

Calyx & TeeBee – Elevate This Sound

Rudimental – “Feel The Love” ft. John Newman

SpectraSoul – Light In The Dark ft Terri Walker

Maztek – Up&Down

The Prototypes – Suffocate

Total Science & S.P.Y – Piano Funk (Ft. Riya & DāM FunK)

Friction – Someone ft McLean

Need For Mirrors Featuring: Drs (Broke N’ English) – D.F.T.F – Metalheadz

DRS – Raindrops (feat. Lenzman & Pete Simpson)

Dr Meaker – Music In The Night

Logistics – Fear Not

Ne avrò sicuramente dimenticato qualcuno ma ci sarà tempo per rimediare nei prossimi mesi. Buon anno!

Lascia un commento

31 dicembre 2012 · 17:07

Il pubblico non gradisce il suo set, Dj Shadow cacciato dal Mansion di Miami

Dj Shadow

di Benedetto Marchese (@dettobene)

Venerdì sera al Mansion di Miami Dj Shadow è stato costretto ad interrompere il proprio set giudicato poco ‘commerciale’ dai promoter del locale e dalle persone che lo stavano ascoltando. La notizia ha dell’incredibile se si pensa alla grandezza del personaggio in questione e all’influenza che il suo hip-hop strumentale ha avuto sulla scena internazionale dal 1996 ad oggi.  Il geniale produttore di “Entroducing” infatti ha dovuto lasciare i piatti dopo pochi minuti mentre stava suonando “Spit Thunder” di Krampfhaft a causa degli insulti del pubblico. “Ho aspettato a lungo prima di poter suonare qui –ha detto Shadow prendendo il microfono dopo aver stoppato il pezzo- ma mi hanno che questa roba è troppo ‘avanti’ per voi”. Dopodiché ha passato le cuffie a dj No Maz che ha proseguito la serata.

Ieri su Twitter il produttore che con James Lavelle ha dato vita al progetto UNKLE ha aggiunto: “Non m’importa se mi cacciano da ogni club per ragazzi ricchi del pianeta, non potrò mai sacrificare la mia integrità di dj, mai. Ironia della sorte è stata la drum and bass ad aver fatto traboccar eil vaso! (nota a sé.. suonare più drum and bass). O forse –ha twittato ancora- era tutta una trappola, non so. Metterò il set su Soundcloud al più presto almeno ognuno di voi potrà ascoltarlo. Buone feste!”. Troppo poco per scalfire una leggenda come mr Josh David.

1 Commento

Archiviato in Music

Ayah Marar, l’inarrestabile regina dell’Uk Bass

Immagine

di Benedetto Marchese (@dettobene)

Forse non è un caso che l’ultimo singolo estratto dall’album uscito nei giorni scorsi sia “Unstoppable”, brano che racchiude tutto il talento, la grinta e l’energia di Ayah Marar, cantante molto in vista nella vivacissima scena elettronica britannica. Un’ascesa inarrestabile, culminata con il successo del disco d’esordio “The Real” pubblicato per la sua etichetta “Hussle Girl”. Un successo indipendente dunque costruito nei locali della club culture londinese e con le collaborazioni con personaggi come Calvin Harris, Toddla T e Dj Fresh anche se la spinta maggiore per la sua carriera è arrivata grazie ai featuring in ambito drum and bass. Arrivata in Inghilterra dalla Giordania all’età di 18 anni per completare gli studi Ayah si è subito avvicinata alla scena registrando il suo primo brano con Loxy & Ink prima di iniziare ad esibirsi come dj nello storico Herbal di Shoreditch, per lungo tempo residenza anche della Hospital Records con cui collaborerà imponendosi come vocalist. Alla label di Tony Colman e Chris Goss presta la voce per i singoli di Camo & Krooked “Cross the line” e “Watch it burn” e fascino e carisma, oltre all’iconica crocchia di capelli, per le serate Hospitality all’O2 di Brixton. Il tour ed il successo ottenuto con i due giovani produttori austriaci la consacrano come “regina dell’Uk Bass”, mentre il resto lo fanno i sempre più frequenti passaggi radiofonici e gli altri due singoli “Follow you” e “Mind controller” che anticipano le tredici tracce di “The Real”. Un debutto discografico brillante, che racchiude un vero e proprio omaggio alla musica dance in tutte le sue forme, caratterizzato dalle esperienze accumulate in prima persona in questi anni. C’è la house dai richiami balearic di “The Real”, una più minimale ma accattivante “Go hard”, “Beg borrow Steal” potenziale hit da classifica pop. Virano invece verso la dubstep ‘Alive’ (con il featuring di P.Money) e la splendida “Lethal Dose” mentre “Camouflage girl” è un riuscito omaggio a sonorità più orientali. Fra i brani dnb, oltre a quelli già noti, spicca infine il prossimo singolo “The Raver”, vero e proprio manifesto del background stilistico e musicale di Ayah Marar. Cantante e autrice perfettamente a suo agio se supportata da potentissimi sound system ma in grado di esaltare la sua voce formidabile anche accompagnata solo da pochi strumenti come in occasione delle esibizioni per “The Station Session”  e con Russo per SB TV. Episodi in cui dimostra una verstatilità vocale ed espressiva di primissimo piano che le sta aiutando ad imporsi in un contesto in cui nomi e suoni si avvicendano in modo frenetico e in cui solo chi ha vero talento riesce a passare dall’underground al grande pubblico mantenendo lo stesso spirito.

3 commenti

Archiviato in Music

The Eyes “Harder”, Manchester suona sempre meglio

Immagine

di Benedetto Marchese (@dettobene)

Se da qualche tempo si parla nuovamente di Manchester non solo per le imprese calcistiche di City e United ma anche per una rinnovatissima e sorprendente scena elettronica il merito è sicuramente della Estate Recordings. Dopo l’ottimo “Poor with £100 trainers” di Skittles ed il travolgente successo del singolo “Marka” di Dub Phizix, Skeptical e Strategy, l’etichetta torna ora con un progetto perfetto per consacrarla fra le più influenti ed innovative del Regno Unito. È infatti uscito ieri su piattaforma digitale il singolo “Harder” che anticipa l’album di The Eyes, nome dietro al cui si celano due pilastri della Manchester da club come il produttore Chimpo e l’mc Fox, quest’ultimo con un featuring anche nello splendido album degli Spectrasoul. Contrariamente alle aspettative il brano si distacca da sonorità quali dubstep o drum and bass, avvicinandosi molto di più ad influenze reggae e dub, con una chitarra acustica che accompagna l’espressione vocale marcatamente giamaicana di Fox. Ad impreziosire il brano c’è il video molto significativo realizzato da Joe Gavin sul quale scorrono immagini dei riot inglesi di un anno fa e scene di complicata quotidianità urbana; un mood che si fa più invece più cupo dal punto di vista musicale nel b-side ‘Come Again’ con la collaborazione di Strategy. “Everyday is harder” ma questo debutto fa davvero ben sperare.

Lascia un commento

Archiviato in Music

Morrissey, l’eterno ragazzo che ha scaldato i cuori di Genova

di Benedetto Marchese (@dettobene)

Nell’estate delle reunion e dei grandi ritorni, dagli Stone Roses fino a New Order e Cure, qualcuno aveva sperato di poter rivedere sullo stesso palco gli Smiths ma la band di Manchester probabilmente non tornerà più per volere dei suoi stessi protagonisti. Il tour di questi giorni in Italia del carismatico leader Morrissey è stato però qualcosa di più di una semplice consolazione per i tantissimi fan del gruppo che ha segnato indelebilmente la storia della musica anglosassone negli anni Ottanta. Dopo la prima data di Roma la prova è arrivata ieri sera dal concerto che al Porto Antico di Genova ha chiuso la prima parte del Goa Boa Festival che proseguirà nella cornice di Villa Serra dal 13 luglio per altre tre serate.
‘Moz’ si presenta sul palco a pochi metri dal mare accompagnato da un affascinante tramonto sulla Lanterna e le gru del Porto e dal boato di un pubblico in cui molti arrivano da fuori regione. Dopo l’esibizione dell’americana Kristeen Young si prende tutta la scena, saluta in italiano e regala sorrisi ed inchini, stringe spesso le mani che si allungano dalle prime file senza mai rinunciare alle pose che lo hanno reso celebre prima con Marr e compagni e poi nella fortunata carriera da solista. “Shoplifters Of The World Unite”, “You have killed me” e “You’re the one for me, fatty” sono l’introduzione di un viaggio fra musica e parole lungo trent’anni, nel quale s’intrecciano mode, stili e generi che Morrissey ha saputo attraversare conservando la sua indole di divo controverso al quale tutto o quasi è concesso, compreso il divieto di vendere carne all’interno della zona concerto. Vezzi che passano in secondo piano davanti ad un carisma impareggiabile e ad una voce ancora intatta, come dimostrano la splendida “Everyday is like Sunday”, “Still ill”, “Speedway” e “Alma matters”. Guardando al ritratto di Oscar Wilde che sullo sfondo esclama ‘Who is Morrissey?” viene da pensare che per il ragazzo di Stretford il tempo sia passato solo per le camice che ora gli stanno un po’ più strette e che durante il concerto cambia più volte rimanendo anche a torso nudo durante “Let me kiss you”. “Ti guarda negli occhi” sottolinea qualcuno mentre lui canta l’amore e la poesia in un’atmosfera velatamente malinconica, rotta solo dai dialoghi con il pubblico che ne applaude ogni parola, ogni sguardo o movimento coreografico con il filo del microfono, che ascolta “Meat is murder” mentre scorrono immagini che denunciano la violenza sugli animali. Un pubblico che si divide sulla composizione della scaletta, dove forse manca quale pezzo storico degli Smiths ma che dopo “I’m throwing my arms around Paris” e “When Last I Spoke to Carol” si ritrova a cantare “How soon is now?” in un finale da brividi. Cellulari, mani e cuori protesi verso l’eterno ragazzo che ha interpretato emozioni e passioni di due generazioni e che in una notte d’estate si è preso Genova.
(pubblicato su www.cittadigenova.com)

Lascia un commento

Archiviato in Music

Hospitality a Brixton: emozioni e drum and bass in HD

Immagine

di Benedetto Marchese (@dettobene)

Che sia una serata di quelle speciali te ne accorgi uscendo dalla metro di Brixton dove ad accoglierti trovi numerosi bagarini dall’accento cockney i quali intercettano il flusso di giovani che si dirigono verso l’O2 Academy per il quarto appuntamento con l’Hospitality. Come accaduto negli altri precedenti l’evento è già sold out da una quindicina di giorni ma qualcuno si salva all’ultimo minuto pagando qualche sterlina in più per il prezioso tagliando che vale dieci ore di musica drum and bass in uno dei luoghi più affascinanti di tutta Londra.

Quelli della Hospital Records infatti sono riusciti a creare un vero e proprio ‘evento’ che ogni sei mesi riunisce a sud del Tamigi tutti i migliori dj dell’etichetta e cinquemila appassionati provenienti da tutta l’Inghilterra e da ogni parte del mondo, mentre per chi non riesce ad essere presente c’è una seguitissima diretta streaming su Youtube, a testimoniare come ormai il successo dell’etichetta sia ormai molto radicato anche al di fuori dei confini europei.

La coda all’ingresso è di quelle che in Italia ti farebbero passare la voglia di entrare ma qui, nonostante la accurate procedure di controllo biglietti e sicurezza, bastano pochi minuti per ritrovarsi davanti alle porte che si aprono sull’immensa platea che culmina con il palco sovrastato dall’inconfondibile logo che compare su altre centinaia di magliette. La musica è quella dei giovani Fred V e Grafix i quali quando l’Academy deve ancora riempirsi lasciano il posto a Tony Colman –London Elketricity, alla sua prima uscita del 2012 dopo qualche problema di salute ed ora perfettamente a suo agio dietro ai due piatti su cui girano solo vinili mentre la voce di Mc Wrec accompagna un set impeccabile. Uno dei momenti più attesi del venerdì di Pasqua targato Hospital arriva però di lì a poco quando in consolle sale High Contrast.

Davanti al riccioluto genio di Cardiff scende un immenso telo sul quale vengono proiettate immagini in alta definizione, selezionate e montate da lui stesso. Frammenti di film e video perfettamente contestualizzati con i brani introdotti dall’immancabile Dynamite Mc. Le prime note di ‘The agony e the ecstasy‘ dell’omonimo ultimo album sono accompagnate dal boato del pubblico e da centinaia di cellulari e digitali che immortalano il momento mentre sullo sfondo scorrono le riprese del video e Jessy Allen esegue dal vivo le parti vocali. Neorealismo e bassi che ti avvolgono, scorci di Londra ed i caratteristici inserti vocali di brani come ‘If we ever’ e ‘Not waving, but drowning‘ con il ritorno della bionda cantante gallese, oppure l’intro degli Who in ‘The road goes on forever‘ diventato ormai un classico delle notti all’Academy. Baci e spari in alta definizione esaltano ‘Kiss kiss bang bang’ e le suggestioni cinematografiche di ‘Emotional vampire‘, brano in ‘stile Morricone’ accompagnato da volti e primi piani perfetti. Oltre che per la qualità delle sue produzioni High Contrast è da sempre conosciuto per i suoi imprevedibili remix e la prova arriva poco dopo quando nel video compare Otis Redding e il dj, che si era superato in ‘Hometown glory’ di Adele, propone una personalissima versione di ‘Try a little tenderness’ nella quale anche Dynamite s’inserisce a meraviglia creando un’atmosfera unica che culmina con il gran finale affidato a ‘The first note is silent’ e al video realizzato dallo stesso Lincoln Barret. Immagini che chiudono uno set di emozioni ‘in HD’ e saziano il desiderio del protagonista che il giorno dopo sul suo profilo Twitter (con foto dello straordinario Gian Maria Volontè) scriverà “Ieri sera ho soddisfatto l’ambizione di portare un rave dentro ad un cinema”.

Ma la notte di Brixton è solo nella sua parte centrale e dopo High Contrast propone l’esibizione di Logistics che per l’occasione presenta il suo album “Fear not” (artwork a cura dell’ispiratissimo illustratore di casa Trickartt)  la cui title track da il via ad un set ricco di sfumature e con una ricchissima varietà di tempi e stili. Accompagnato da Mc Wrec il dj e produttore di Cambridge propone pezzi nuovi ed altri classici oltre ai successi degli ultimi mesi fra i quali non manca il supersuonato ‘Marka’ di Dub Phizix, Skeptical e Strategy,  oltre ad  “Out the blue” di Sub Focus. Prologo perfetto per l’altro momento più atteso di tutta la serata: il live di Netsky.

Hospitality a Brixton significa sempre qualcosa di particolare, dagli ospiti alle anteprime assolute. In questo caso l’esibizione del tutto speciale  del talentino belga che in meno di due anni è riuscito ad affermarsi come uno dei più innovativi produttori nella scena drum and bass mondiale, iniziando proprio da questo palco la sua ascesa. Il giovane Boris mostra un po’ di emozione prendendo posto dietro alla consolle con drum machine, laptop e campionatore, mentre al suo fianco si sistemano un batterista ed un tastierista. Quelli che seguono infatti sono quarantacinque minuti di dnb suonata dal vivo, proprio come facevano ormai qualche anno fa London Elektricity e Breakbeat Era. L’attesa è rotta solo dalle urla dei cinquemila dell’Academy che accolgono con un applauso l’incedere in crescendo di ‘Secret agent’ mentre la splendida coreografia luminosa taglia il buio della platea con enormi fasci di luce che illuminano i volti ed i sorrisi dei fedelissimi della label. Il quadro, di per sé già perfetto, viene impreziosito dal timbro soul della voce di Mc Darrison, mentre Netsky alterna a successi come ‘Give e take’ ed il remix di ‘Everyday’ per Rusko oltre ad alcuni estratti del nuovo attesissimo lavoro che uscirà a fine maggio consacrandolo definitivamente come uno dei talenti più puri nel genere. Lo spettacolo, che verrà ripetuto nei prossimi festival estivi, regala sensazioni davvero inattese permettendo di cogliere sfumature sonore che da sole valgono il prezzo del biglietto.

Altri talenti in ascesa nel roster della Hospital sono i due austriaci Camo & Krooked, che nell’appuntamento di settembre si presentarono dentro ad una gabbia a led luminosi mentre nella notte pre pasquale optano per un set molto più sobrio dal punto di vista scenografico ma sempre molto convincente sotto il profilo musicale. Eclettici ed energici, in grado di dare fondo all’immenso potenziale di bassi che fanno vibrare il pavimento dell’Academy, s’insinuano sulle gambe e nel petto e trascinano anche la balconata dove anche i più stanchi non riescono a stare fermi o seduti. I due viennesi sostenuti dall’mc Youthstar partono da ‘Run Riot’ per un’ora che spazia dai brani remixati dell’ultimo Between the lines passando per ‘Rock it’ di Sub Focus, ‘Hide u’ dei Kosheen e ‘Beatiful lies’ di B-Complex fino ad un accattivante remix di ‘They don’t care about us’ di Michael Jackson. Alfieri della Hospital anche all’estero, Camo e Krooked si giocano poi la carta Ayah Marar che acclamata dal pubblico di Brixton esegue con loro ‘Cross the line’ e ‘Watch it burn’ con la consueta grinta che la sta portando ad affermarsi come solista. Dalla liquid alla dubstep non dimenticano una delle hit più recenti come ‘Hot right now’ di Fresh e addirittura ‘Sun is shining’ di Bob Marley. Bass music a 360° per i due talenti della Hospital che chiudono ancora con la cantante giordana che interpreta un’energica versione di “I’ve got to be alone” conquistando l’ovazione di una platea che si prepara ormai per il rush finale.

Il timone passa dai due ragazzi al brasiliano S.P.Y, dalle strade di San Paolo a quelle di Brixton dove risuonano i suoi pregevolissimi beats e la voce di Mc Lowqui, mentre sotto al palco maglie sudate e bottigliette d’acqua dei ravers sono in perpetuo movimento. S.P.Y sfodera il meglio: il remix di ‘Go’ per Delilah, il classicone da brividi ‘By Your side’ e ‘Marka’ prima di congedarsi con la voce di Emeli Sandè in ‘Heaven’. Il finale è invece affidato a Nu:Tone, veterano dell’etichetta che suona gli ultimi dischi di un’altra serata da ricordare. L’elegantissimo ritornello ‘Spread Love’ anticipa le prime luci dell’alba su Londra mentre le emozioni sono ancora forti e la stanchezza solo un dettaglio trascurabile.

Lascia un commento

Archiviato in Music

Torna il London International Ska Festival con Pioneers, Dandy Livingstone e tanti altri

di Benedetto Marchese (@dettobene)

È stata definita nei giorni scorsi la ricchissima line up del London International Ska Festival che dopo il grandissimo successo della scorsa edizione torna dal 3 al 6 maggio a poche settimane dal cinquantesimo anniversario dell’indipendenza della Jamaica.

Il festival, promosso ancora una volta da Sean Flowerdew e Rockersrevolt con Academy Events, si sposterà dall’affascinante Clapham Grand Theatre, dove fra gli altri dodici mesi fa si erano esibiti anche Giuliano Palma & The Bluebeaters e il leggendario Ken Boothe, dividendosi fra l’O2 Academy di Islington e quella di Shepherd’s Bush, per un programma che riguarderà da vicino tutte le declinazioni e le sfumature del genere che ha profondamente influenzato lo stile musicale britannico: dal mento al rocksteady fino al reggae, al 2Tone e allo ska-punk. Quaranta le esibizioni già confermate con concerti e dj set ad aprire e chiudere le quattro serate. Si inizierà il 3 maggio con i Pioneers e Dawn Penn, mentre il giorno successivo toccherà al leggendario Dandy Livingstone (esclusiva mondiale per il ritorno sulle scene dopo quarant’anni) con Dave Barker e un altro pezzo di storia come Rico Rodriguez. Nella stessa sera spazio anche ai Phoenix City All-Stars per la presentazione del loro nuovo album ‘2 Tone: Ska & Rocksteady Special’. Anteprima del nuovo lavoro anche per i Dualers con il loro tributo al padrino Prince Buster sabato 5, quando sullo stesso palco saliranno anche Ska Cubano e gli Hotknives nella loro formazione originale per la celebrazione del loro trentennale. Domenica gran finale con i californiani Fishbone, Neol Davies dei mitici Selecter e l’omaggio Laurel Aitken.

Ad impreziosire le quattro serate saranno anche i dj set che l’anno scorso infiammarono la pista del teatro a sud del Tamigi fra Fred Perry, bretelle e boots Dr Martins. Protagonisti in quest’occasione saranno: Jerry Dammers degli Specials, Don Letts, Gaz Mayall, Andy Smith e Dreadzone Sound System.

Un cast di altissimo livello che promette di ricreare la stessa affascinante atmosfera della passata edizione, richiamando a Londra per quattro giorni rudeboys da ogni parte del Mondo, Italia compresa.

I biglietti sono acquistabili sul sito ufficiale dove si trovano tutte le informazioni necessarie. (Occhio all’ottimo merchandising)

Lascia un commento

Archiviato in Music

David Rodigan a Genova: la storia del reggae al servizio di Sua Maestà

di  Benedetto Marchese 

Per essere inseriti dalla Regina Elisabetta nell’Eccellentissimo Ordine dell’Impero Britannico non sono necessari modi aristocratici ed aspetto austero, possono essere sufficienti un sorriso rassicurante, giradischi, microfono e soprattutto una sterminata conoscenza musicale. Come nel caso del dj David Rodigan, da poco entrato nella prestigiosa lista di Buckingham Palace per il suo contributo al servizio radiofonico di Sua Maestà e da più di trent’anni punto di riferimento della scena reggae internazionale. Da tempo però anche le sue esibizioni sotto la Lanterna sono diventate un appuntamento fisso nel programma della Festadelsole, grazie al suo solido legame con l’Italia e alla passione per la focaccia. “Genoa is good to be back!” ha detto sabato sera aprendo il suo show dopo i locali Cuffa Sound al Ghost Club di Staglieno, pieno fino alla porta d’ingresso per colui che ha contribuito attivamente alla diffusione del genere sia in Inghilterra che nel resto del mondo. Un distinto gentleman sessantenne che per quasi due ore e mezzo ha fatto ballare il suo pubblico passando dai leggendari Bob Marley, Jimmy Cliff e Toots and The Maytals, fino alle canzoni più recenti. Una selezione impreziosita da un gran numero di duplates, ovvero versioni di brani registrati esclusivamente per lui, fra cui “Marka” di Dub Phizix and Skeptical che la sera precedente aveva fatto letteralmente impazzire la platea del Fabric di Londra. Sonorità queste ultime in bilico fra dubstep ed half-step che Rodigan, intrattenitore senza eguali, ha saputo magistralmente mixare con quelle inconfondibili dei pionieri dello ska, testimoniando l’eccletticità dei suoi set che ormai da qualche mese animano anche gli eventi della Hospital Records, etichetta di punta della drum and bass. Dalle sfumature digitali ai nomi del reggae italiano più noti all’estero: Sud Sound System ed Alborosie, nonostante l’infelice polemica di poche persone che hanno criticato l’eccessiva presenza di questi brani nella scaletta. Contestazione che ha sorpreso lo stesso dj il quale ha chiesto loro, senza ricevere risposta: “come fate ad odiare la vostra stessa gente?”, prima di riprendere con alcuni grandi classici di Prince Buster e Skatalites per chiudere in trionfo nella notte di Genova “focaccia city”.
(pubblicato su www.cittadigenova.com)

2 commenti

Archiviato in Music

Dalla jungle a Camo & Krooked, la notte Hospitality alla Brixton Academy

di Benedetto Marchese

Due dj chiusi all’interno di una gabbia circolare i cui led illuminano i volti di cinquemila persone, un impianto che spinge bassi potentissimi e alle loro spalle il logo inconfondibile identico a quello stampato su centinaia di t-shirt all’interno dell’O2 Academy. E’ stato questo uno dei momenti più significativi della terza serata Hospitality a Brixton dello scorso 30 settembre, con il set del duo austriaco Camo & Krooked che ha catalizzato l’attenzione di un pubblico che anche in questa occasione, dopo il primo evento di dodici mesi fa ed il bis di aprile ha fatto segnare sold out con parecchi giorni d’anticipo. I giovani gioiellini della Hospital Records hanno fatto le cose in grande per battezzare l’uscita del loro “Cross the line”, secondo album personale ma primo con la label di Tony Colman e Chris Gross che in questo momento guarda tutti dall’alto nella scena drum and bass, in quanto a qualità delle uscite e successo delle serate che sempre più frequentemente stanno varcando i confini britannici per un marchio che è ormai una garanzia assoluta di divertimento.

Come già accaduto nelle due edizioni precedenti l’appuntamento londinese è stato scelto per il lancio di una nuova pubblicazione ma anche per riunire in un’unica serata tutti i dj dell’etichetta per più di sette ore ininterrotte di drum and bass a 360°, dalla jungle delle origini magistralmente raccolta nei sessanta minuti dell’ospite d’eccezione Dj Zinc, fino alle variazioni più attuali liquid e dubstep. Per nulla emozionati dal ruolo affidatogli, Camo & Krooked che già con il precedente “Above & Beyond” avevano dato prova del loro talento, hanno offerto un set brillante ed adrenalinico, composto essenzialmente dai nuovi brani ed impreziosito dalla presenza di Tc, Messy Mc e dalla scintillante Ayah Marar la cui voce ha accompagnato i due su “Cross the line” e “Watch it burn”, confermando le potenzialità della cantante in grande ascesa nel mondo dell’elettronica inglese.

Se gli ultimi arrivati in casa Hospital hanno dimostrato di meritare primi posti nelle classifiche ed ampio spazio sui media, non sono certo stati da meno i veterani del gruppo che in quindici anni di attività ha ridato slancio e visibilità al genere, grazie anche alla duttilità di produttori come Danny Byrd. Dietro ad una postazione con tastiere, drumpad e vocoder ha dato vita ad uno dei momenti più coinvolgenti della serata, con brani come “Tonight” e la splendida “Sweet Harmony”, andando bel al di là del dj set vero e proprio l’uomo di Bath ha regalato anche un’anticipazione di quello che sarà il seguito di ‘Rave digger’ con l’ottima “B.R.I.S.T.O.L”.

Un dj carismatico che dà sempre l’impressione di riuscire a far muovere anche le gambe più pigre con qualsiasi tipo di ritmo, caratteristica che accomuna anche London Elektricity. Quest’ultimo, accompagnato dal fido Mc Wrec, da buon padrone di casa anticipa l’esibizione di Camo e Krooked racchiudendo in sessanta minuti i molteplici aspetti di suoni e melodie ordinate in sequenze raffinate e sempre sorprendenti. Richiami minimali in stile Med School (altro ramo della label), estratti dall’ultimo ‘Yikes!’, classici da brividi come “Your side” di SPY e sorprese assolute come “Rolling in the deep” di Adele o ancora “Live and let die” di Paul McCartney che sbuca dal nulla dopo un ingnorantissimo pezzo dubstep. Tutto totalmente inaspettato ma allo stesso tempo travolgente, come “Hold On” di Rusko che improvvisamente lascia spazio alla voce di General Levy di “Incredible” accolta con un boato dalla sudatissima massa di corpi sotto al palco.

Quando Colman conclude il suo set l’Academy è ormai piena all’inverosimile: se all’esterno Brixton porta ancora i segni dei riots di agosto, dentro l’O2 il clima è di festa assoluta con i ravers in perpetuo movimento, dall’enorme pista ai corridoi dove sono posizionate altre due consolle, fino alla balconata superiore dove le poltroncine permettono alcuni minuti di riposo fra un set e all’altro. Sono passate da un po’ le due quando ai piatti si presenta Netsky, il talentino belga che nel giro di un anno è diventato uno dei dj più richiesti e seguiti del roster Hospitality. Merito del dirompente ed omonimo album d’esordio, riproposto in parte nell’occasione con la complicità del sempre impeccabile Mc Dynamite, il quale si presenta chiedendo “un pezzo estivo” e ricevendo in cambio “Jammin” di Bob Marley. L’applauditissimo omaggio al re del reggae dà il via ad un set molto eclettico nel quale trovano posto anche Snoop Dog ed Eve con “Let me blow ya mind” ma anche sonorità tipiche del giovane produttore che chiude con la recente e raffinatissima “Lotus Symophony” lasciando la scena ad High Contrast.

La silhouette del riccioluto gallese, in assoluto uno dei migliori di sempre nella storia della drum and bass, è inconfondibile anche dall’ultima fila della pista, ma lo è ancora di più il tocco raffinatissimo di mister Lincoln Barrett che inizia dalla fine, ovvero dal freschissimo singolo “The first note is silent” realizzato con Underworld e Tiesto e del quale lui stesso ha curato il video uscito in questi giorni.

Diecimila mani al cielo celebrano il successo di un singolo che anticipa il nuovo, attesissimo album, di colui che forse più di tutti racchiude l’essenza di uno stile che va molto oltre il concetto di intrattenimento, colpisce al cuore e trasmette emozioni vere che da sole valgono il prezzo del biglietto o di un viaggio andata e ritorno dall’Italia.

Un’ora di musica che Dynamite asseconda con esperienza anche nei passaggi sull’immancabile “If we ever”, la nuova “Fearful symmetry” o su un classicone dance come “Show me love” rivisitato dallo stesso High Contrast, il quale sceglie accuratamente inserti vocali e citazioni che trovano la perfetta rappresentazione nell’inedita e magnifica “Wish you where here” e nel finale dedicato a “Teenage wasteland” degli Who.

Uno spirito che è poi quello della Hospital che si rinnova allargando i propri orizzonti senza mai perdere quello subito riconoscibile, che può permettersi un evento di questo tipo e che a Brixton si gioca l’ultima carta vincente con Nu:Tone e Logistics per dare l’ultimo scossone emozionale a quei cinquemila che non smettono di ballare. Sudore e sorrisi in una caldissima e magica notte di settembre.

1 Commento

Archiviato in Music

Casino Royale & The Specials: all’Alcatraz una notte lunga venticinque anni

di Benedetto Marchese

Per coronare il loro sogno di gioventù, quando nell’87 giovani e pieni di entusiasmo avevano  nella loro prima scaletta brani come “Concrete Jungle” e “Do Nothing”, ci hanno messo quasi venticinque anni, ma alla fine i Casino Royale sono riusciti a condividere lo stesso palco con gli Specials che giovedì hanno fatto tappa all’Alcatraz per l’unica data italiana del loro tour europeo. Un’irripetibile notte di fine estate che per poche ore ha finalmente annullato il gap temporale tra Milano e Coventry e fra due band che a loro modo hanno influito prepotentemente sulle rispettive scene musicali con uno stile rimasto intatto negli anni. Gli Specials scrivendo una pagina indelebile nella musica britannica, accomunando con lo ska bianchi e neri nell’Inghilterra divisa dalle tensioni razziali; ed i Casino Royale raccogliendo il testimone dai già divisi Staple e compagni nell’Italia di fine anni Ottanta, prendendo lo spunto per posare la prima pietra dei ritmi in levare di casa nostra, arrivando fino ad oggi senza mai perdere l’ispirazione iniziale nonostante le evoluzioni di generi e formazioni.

Un cerchio chiuso magicamente in una serata iniziata con orari anglosassoni ed aperta dal trombone di Gigi T.Bone, ospite d’eccezione con Ferdi, per l’inconfondibile intro di ‘Casino Royale’ eseguita con ‘Sempre più vicino’ in un mash up da brividi per quanti all’epoca di Soul of Ska andavano alle elementari e vent’anni dopo si sono ritrovati a cantare il ritornello di un pezzo storico. Un momento unico, dopo i tanti concerti in tutte le forme da una parte all’altra dell’Italia, che prosegue con Treno per Babylon, Anno Zero e Royale Sound. Quasi un’istantanea per ogni album, sempre in levare, fino all’epilogo affidato al prossimo singolo ‘Ogni uomo una radio’ al termine di un set tanto breve quanto intenso, suonato fra ricordi, orgoglio e tanta emozione, sciolta negli applausi di un Alcatraz ormai stracolmo di birra ed entusiasmo.

Ci sono due generazioni di appassionati di ska, in una platea compatta come una curva da stadio che attende solo che dal telo bianco sul palco sbuchino gli eroi di quelle canzoni ballate ovunque, conosciute a memoria, passate dai vinili alle cassettine duplicate da fratelli ed amici, fino ai cd e agli mp3, sempre con la stessa energia travolgente. Loro accennano ‘Enjoy yourself’ e finalmente iniziano con ‘Do the dog’ mentre il palco svela l’iconografica scritta “The Specials” e sotto scattano pogo e adrenalina con ventenni e rude boys di mezza età fianco fianco.

Completi eleganti e volti segnati dal tempo, ma il tocco degli Specials è sempre lo stesso: Gangsters, It’s up to you, Rat race, Monkey man,  Hey little rich girl, Concrete jungle, Blank Expression fra le altre hanno la stessa freschezza di un tempo,  con la voce intatta di Terry Hall che su Do Nothing regala più di un brivido ai fan di una vita. Di quei due album storici ciascuno ha i propri pezzi preferiti, ma l’Alcatraz quasi trema quando dall’armonica Lynval Golding inizia “A message to you Rudy”, seguita da “Two much to young” ed “Enjoy yourself”. Abbastanza per andare a casa soddisfatti, stravolti dal caldo e dalle emozioni dopo tre ore di musica da conservare nel cuore, ma gli Specials riappaiono dalle quinte per regalare altre due perle indimenticabili: “Guns of Navarone” e “You’re Wondering Now”. You know this is the end, occhi lucidi ed un sorriso stampato sul volto.

 

Lascia un commento

Archiviato in Music

IELMO!

L’estate inizia con “Io e la mia ombra”

Lascia un commento

Archiviato in Music

Casino Royale ‘Città di niente’, nuovo video in stile d.i.y.

di Benedetto Marchese

A pochi giorni dall’uscita del primo video tratto da “Io e la mia ombra”, ottimamente realizzato da Cosimo Alemà, i Casino Royale pubblicano oggi sul loro canale youtube un nuovo clip del brano “Città di niente”, realizzato con la complicità dello scrittore Gianni Miraglia.

“Si respira la voglia di cambiare in questo paese –scrivono Alioscia e compagni- e se, come alcuni dicono, sarà una New Wave nostrana ci vogliamo augurare che sia un’onda lunga e che apra per davvero al nuovo. Per restare in tema, vogliamo condividere l’ultima traccia di “Io e la mia Ombra”, che, come di consueto, dedichiamo alla nostra/vostra città: “Città di niente”. La prima ‘scheggia’ di questo pezzo risale al 1999, era una base di Royalize e il brano si chiamava ‘Sultan’.Nell’ultimo anno è stata scritta e ri-scritta per questo nuovo album e da una suggestione di Patrick, in tempi assolutamente non sospetti, è nato il testo che, dopo una cascata di immagini negative, apre ad una premonizione finale di rinascita”.

Un video realizzato in pieno stile ‘do it yourself’, con i tasti di una vecchia Olivetti Lettera 22 che descrivono con inchiostro rosso solitudini, incubi e speranze di una ‘metropoli/necropoli’ pronta a morire e rinascere nuovamente.

..e sfido il caos intorno a me

Lascia un commento

Archiviato in Music

Casino Royale ‘Io e la mia ombra’

There’s a shadow..

Lascia un commento

Archiviato in Music

Zero-Plastica e “Basta!”, rap e coscienza da Genova agli Stati Uniti

di Benedetto Marchese

In più di venticinque anni di cultura hip hop in Italia vissuti fra grandi momenti di visibilità, incomprensioni, diatribe, perle underground e nomi durati il tempo di un singolo, fino all’attuale stabilizzazione come genere ‘per tutti’, le connessioni fra la nostra Penisola e gli Stati Uniti sono state per lo più unilaterali, con stili ed influenze che come logico hanno sempre attraversato l’Oceano per arrivare da noi ed essere reinterpretate o prese come esempio. Sono stati rarissimi invece i casi in cui il percorso è stato inverso, quando cioè la scena italiana è riuscita a ritagliarsi uno spazio nella terra dove il rap ha avuto la sua scintilla iniziale. Il primo nome che viene in mente è quello del pioniere Maurizio Cannavò in arte ‘The Next One’, unico bboy italiano apprezzato e riconosciuto a livello mondiale. Il secondo è “Zero Plastica”, ovvero dj Nio e Lurè (Erik Rosa e Lorenzo Pezzati), duo genovese da dieci anni sulla scena che lo scorso 25 aprile è uscito con l’album “Basta” prodotto dalla Nomadic Wax, etichetta internazionale con sede a New York. Per capire come abbiano fatto i nostri ad attirare l’interesse della label di Brooklyn (più o meno come ricevere un complimento da Leo Messi dopo un dribbilng ben riuscito), è sufficiente ascoltare le quattordici tracce contenute nel cd che condensa le esperienze d’instancabile attività sui palchi, le rime ed su un sound originale che ha catturato l’attenzione dell’etichetta che si occupa di hip hop anche attraverso la realizzazione di documentari che analizzano anche l’aspetto politico e sociale dei paesi di appartenenza dei vari artisti. Temi principali del potentissimo brano di apertura che riprende il titolo dell’album, raccontando l’Italia delle ‘armi di distrazione di massa’, del razzismo, degli abusi di potere, delle caste e di uno spettacolo politico da spegnere con il tasto di un telecomando fatto di coscienza ed impegno sociale. Una voglia di cambiamento che pervade anche il riuscitissimo ‘Cantico del precariato’ manifesto di una generazione che deve districarsi fra contratti a termine ed un futuro senza certezze. Istantanee di un presente difficile come quello dei migranti, il cui dramma viene raccontato in ‘Clandò-Clandestino’, con suoni e parole che raccolgono i problemi di un Mediterraneo che gli Zero Plastica guardano da una Genova anestetizzata da ‘lexotan e keta’, quella di ‘Benevenuti a Zena’, aperta da un frammento dei Trilli e chiusa in dub e jungle dai versi di Eugenio Montale. Città dalle mille contaminazioni stilistiche e culturali, tradotte in musica con la partecipazione del rapper tunisino GoMan Xtrazik o con la splendida voce di Raphael degli Eazy Skankers che impreziosisce l’incedere reggae di ‘Anima ribelle’. Collaborazioni di un album nel quale gli Zero Plastica hanno voluto anche alcuni storici musicisti genovesi come Marco Fadda, RobiGabri, Bob Quadrelli, Sergio Limuti, Riaccardo Kalb e Bobby Soul protagonista in ‘Get-to-Groove’, omaggio al funky delle origini del genere; pezzo che presto diventerà un video realizzato sempre con la proficua complicità di Ancioe Produzioni dopo i precedenti ‘Mukawma’ e ‘Internationally know’. Un lavoro nel quale il rap, senza mai cadere in banalità autorefenziali, convive perfettamente con l’elettronica, i ritmi in levare di ‘Piccolo fiore’, la patchanka de ‘Il colore della terra’ o la liquida delicatezza di ‘Oceania’. Brani che confermano la maturità ed il talento di Nio e Lurè e di un progetto che dalla resistenza quotidiana trae l’ispirazione sociale e culturale per raccontare Genova e tutto ciò che le sta intorno, dal Mediterraneo all’altro lato dell’Oceano.
(pubblicato su www.cittadigenova.com)

Lascia un commento

Archiviato in Music

Quindici anni di Hospital Records alla Brixton Academy

di Benedetto Marchese

Quindici anni di attività discografica ininterrotta nell’ambito dell’elettronica e in un genere come la drum and bass, sono un traguardo senz’altro ragguardevole. Per questo quelli della  Hospital Records hanno deciso di celebrare degnamente l’importante risultato concedendo il bis alla Brixton Academy dove lo scorso 22 aprile a distanza di sei mesi dalla precedente serata “Hospitality” ha fatto registrare il secondo sold out consecutivo dopo quello di settembre. Nell’arena gremita dell’affascinante teatro sono arrivati in 4500, da tutta l’Inghilterra e appositamente dall’estero, per festeggiare l’etichetta che ha ridato slancio ed attenzione mediatica a tutta la scena dopo qualche anno di appannamento.

Un successo costruito con la qualità delle produzioni e l’attenzione verso un pubblico giovane ma pronto a recepire il suono raffinato e mai banale di Tony Colman e compagni, ma anche con la cura nell’organizzazione di eventi di grossa portata come questo. Dopo l’apertura affidata a Cyantific con il suo set riassuntivo dell’esperienza musicale di questi anni, è proprio il reggente del nome London Elektricity a dare il via alla festa nella festa, presentando il nuovo album “Yikes!” con l’incantevole Elsa Esmeralda che accompagna sul palco il neocinquantenne occhialuto con tanto di camice bianco e carrozzina, scherzando sulla longevità di un personaggio e di una scena tornate prepotentemente in voga. Da ‘Elektricity Will Keep Me Warm’ a ‘Just One Second’ il duo esegue i brani più significativi del freschissimo disco, prima del passaggio di microfono al sempre ottimo Mc Wrec che prosegue lo show fino al ritorno della cantante  e del finale affidato a ‘Meteorites’ che ha anticipao l’avvicendamento ai piatti con High Contrast. Uomo di punta della Hospital, il raffinatissimo dj e produttore gallese apre la sua ora di spettacolo con uno dei brani che andrà a comporre il prossimo album. L’atmosfera è incredibile con i led di iPhone e digitali che uniti agli accendini illuminano l’immensa platea dell’O2 Academy. Accompagnato da Wrec High Contrast suona uno dietro l’altro capolavori come ‘Kiss Kiss Bang Bang’, il remix di ‘Hometown Glory’ di Adele, la strepitosa ‘Shine In’ di Nu:Tone fino alla magistrale chiusura affidata a ‘Fearful Symmetry’ con l’inconfondibile intro di ‘Baba o’riley’ degli Who che raccoglie l’ovazione di una platea divisa fra l’affollatissimo piano inferiore e quello superiore, dove comodamente seduti sulle poltroncine si riesce a godere appieno dello spettacolo offerto dal potentissimo impianto e dal logo luminoso dell’etichetta, che campeggia alle spalle della consolle e sulle centinaia di tshirt dei fan più affezionati.

Se High Contrast impersona il lato più elegante e ricercato del sound della Hospital, Danny Byrd rappresenta invece quello più eclettico con un approccio da party vero e proprio. La dimostrazione arriva in apertura di set, in uno dei momenti più coinvolgenti di tutta la serata con l’intro di ‘Money for Nothing’ dei Dire Straits ed Mc Dynamite che chiede ed ottiene le novemila mani al cielo mentre l’intramontabile assolo di chitarra di Mark Knopfler viene incalzato da un beat drum and bass che dà il via ad un’esibizione incandescente. Dai pezzi di jungle old school di General Levy fino ai più recenti come ‘Poon’ di Sub Zero e ‘Tonight ’in coppia con Netsky, l’inesauribile dj di Bath regala anche alcune chicche come ‘Circle’ di Adam F e il classicone ‘Super sharp shooter’ by Ganja Kru che mandano letteralmente in delirio il pubblico dell’Academy. Un set emozionante al termine del quale tornano sul palco Tony Colman e l’altro boss della Hospital Chris Goss, per ringraziare tutti coloro che hanno voluto festeggiare i quindici anni di vita della label fra bottiglie di champagne e la soddisfazione per l’ennesimo sold out. Unico momento in cui le parole hanno il sopravvento sulla musica che dopo pochi minuti riparte dal laptop e dai piatti di Netsky, ragazzo prodigio che a settembre stava conquistando il mercato con il suo applauditissimo esordio discografico, ed ora si ripresenta da star acclamata dalle ragazze in prima fila e dai ravers che con lui passano da ‘By your side’ di Logistic a ‘Jammin’ di Bob Marley sempre con la complicità di Mc Dynamite al microfono. Cinque ore consecutive del meglio della drum and bass in circolazione non sono abbastanza per festeggiare un compleanno di questo tipo e allora dopo il talentino belga ecco in successione Camo & Krooked ed il gran finale affidato ai fratellini Logistics e Nu:Tone che alle prime luci di un’alba dal tepore estivo chiudono il sipario su un evento dal fascino incredibile. Prossimo appuntamento a settembre, da non perdere.

4 commenti

Archiviato in Music

Ken Boothe all’International Ska Festival di Londra

di Benedetto Marchese

Non capita tutti i giorni di ritrovarsi a cantare “Shanty Town” con Ken Boothe, icona del reggae e voce fra le più belle di sempre fra quelle uscite dalla Jamaica nel corso degli anni. Ma l’omaggio ad un’altra leggenda come Desmond Dekker è stato solo uno dei momenti più intensi dell’esibizione di “Mr rock steady” nella serata inaugurale del London International Ska Festival ospitato dal Grand Theatre di Clapham dal 21 al 24 aprile. Evento che ha ricreato nella capitale britannica lo spirito e lo stile dell’epoca d’oro dello ska, richiamando skin e rude boy di ogni età che hanno iniziato un lunghissimo weekend in levare proprio con l’emozionante voce del 63enne cantante di Kingston che da “When i fall in love” fino a “Crying Over You” ha riproposto molti dei brani che hanno fatto la storia del genere, in una carriera lunga più di quarant’anni e contrassegnata da successi senza tempo. “Un viaggio dallo ska al reggae” come lui stesso lo ha definito, “nel primo luogo dove la nostra musica ha messo le radici” rivolgendosi ad una platea che non ha mai smesso di ballare, sulle note di “You’re no good”, “I don’t want to see you cry” e la splendida “Artibella”, durante la quale Ken Boothe ha puntualizzato come la musica non abbia bisogno di definizioni diverse per nuove e vecchie generazioni, ma debba solo essere recepita ed interpretata con il cuore. Quello che uno dei pionieri di Studio One ha messo dal primo all’ultimo brano in quasi un’ora e mezza di concerto, alternando scatenati balletti nel suo scintillante completo avorio, al dialogo con il pubblico, parlando di amore, uguaglianza e libertà. Temi del suo sterminato repertorio dal quale sul finale, ha estratto un’emozionante versione del capolavoro “Everything i own”, punto più alto di un concerto e di un festival da ricordare a lungo.

1 Commento

Archiviato in Music

Giuliano Palma & The Blubeaters al London International Ska Festival

di Benedetto Marchese

Quando Ferdi, Cato e gli altri Bluebeaters iniziano a suonare sul palco del London International Ska Festival il sole del pomeriggio di Londra deve ancora calare, in un caldissimo giovedì di aprile in cui la città in attesa del matrimonio reale fra William e Kate, celebra il compleanno della Regina. Tutta la city ad eccezione del Grand Theatre di Clapham, vivace quartiere a sud del Tamigi e del centro affollato di turisti, nel quale si apre l’evento prodotto da Rockers Revolt di Sean Flowerdew per celebrare il genere in levare nato in Giamaica ed esploso proprio in Inghilterra fra gli anni Sessanta e Settanta. Fra i primi gruppi ad esibirsi nella serata inaugurale che terminerà con il memorabile concerto di Ken Boothe, ci sono proprio Giuliano Palma & The Blubeaters, unici italiani in un cartellone che comprende anche Marcia Griffiths, Dave & Ansel Collins e The English Beat. Inizialmente la prima fila è tutta per i molti italiani residenti in città, ai quali si sono aggiunti anche coloro arrivati appositamente per l’evento, mentre i rudeboys di casa con Fred Perry, teste rasate e bretelle d’ordinanza osservano ed ascoltano appoggiati al bancone del bar, bevendo Red Stripe ma con l’orecchio teso verso quei ragazzi sul palco, impeccabili nei loro completi e nell’affiatamento consolidato in centinaia di esibizioni sui palchi di tutta Italia e della stessa Londra l’anno scorso. Una scena che dura per una manciata di brani, fra “Living in a footsteps of another man”, “I’m what i am” e “Testardo io”, perché col passare dei minuti uno ad uno scendono nella pista del meraviglioso teatro Vittoriano mettendosi a ballare fianco a fianco con quelli che i Bluebeaters li hanno visti un po’ ovunque ed in tutte le formazioni. L’atmosfera è quella giusta, ed il feeling fra chi sta sopra e chi sta sotto il palco prosegue anche nei pezzi successivi, da “Che cosa c’è” ad “I don’t know how i love you” fino a “Tutta mia la città”. Sono appena le otto di sera ma potrebbe essere una notte fonda dell’epoca d’oro dello ska di qualche decennio fa, perché sia la location che lo spirito del festival contribuiscono a rendere il tutto perfetto. La conferma arriva poco dopo con il finale che coinvolge vecchi e giovani skin di casa per “Be young be foolish be happy” e la travolgente “Messico e nuvole” che chiude un’esibizione all’altezza degli altri nomi di una serata, che poco dopo vede Giuliano e tutti gli altri confusi nel pubblico di Ken Boothe, a raccogliere sinceri complimenti e solide strette di mano con la meravigliosa voce di “Mr rockstready” in sottofondo. Arrivederci Londra, anche questa volta ne è valsa ogni goccia di sudore.

1 Commento

Archiviato in Music