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Kruder & Dorfmeister a teatro

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Il tempo è passato anche per loro, Peter Kruder e Richard Dorfmeister non sono più i ragazzi che giocavano a fare Simon & Garfunkel sulla copertina dell’ep del debutto “G-Stoned”. Venticinque anni dopo i due dj e produttori brizzolati sono un pezzo di storia dell’elettronica, padrini di un suono che da Vienna ha conquistato il mondo. Come tali arrivano sul palco del Teatro Comunale di Bologna, per l’unica data italiana (ma il 5 luglio saranno a Milano) che celebra la loro carriera ma anche l’importante anniversario di Estragon, e apre con largo anticipo il programma degli eventi estivi promossi dal Comune.

Dettagli illustrati sul palco, in modo inusuale per il tipo di evento e in un clima di grande attesa, dai diretti interessati, compreso il responsabile di Wind Tre che ha reso possibile l’esibizione. Tutti i biglietti dell’affascinante teatro infatti sono stati distribuiti gratuitamente ed esauriti nel giro di pochi minuti, e i fortunati che sono riusciti ad accaparrarseli arrivando anche da lontano, sono tutti al loro posto, in platea come nei palchetti del maestoso teatro.

Dopo l’introduzione di rito, l’attacco inconfondibile di “Bug powder dust” riporta subito alla fine del Millennio e a quel “K&D Sessions” che ha cambiato le loro vite e ne ha influenzate molte altre, creando un genere che oggi suona ancora con la stessa eleganza. Dietro la consolle Kruder seleziona e Dorfmeister gigioneggia, mentre sul megaschermo alle loro spalle si alternano disegni, immagini e giochi di luci (nulla però rispetto a questa esibizione). In platea il pubblico attende solo un segnale per rompere la formalità del contesto che fortunatamente dura solo pochi minuti.

Su un altro pezzone come “Rollin’ on Chrome” infatti dalle prime file qualcuno abbandona il proprio posto invitando anche gli altri a seguirlo. In pochi secondi il teatro del 1763 diventa un raffinato club nel quale si muovo appassionati di età diverse a testimonianza del profondo solco tracciato dai due con le loro produzioni. Una carriera condensate in un set di due ore, che seppur a volumi un po’ troppo bassi esplora anche sonorità meno morbide, prima di un epilogo dai due volti. Se un’improbabile e inutile versione di “Bella ciao” lascia spiazzati, il finale con l’immortale remix di “Useless” dei Depeche Mode è il momento più alto e più atteso di un inedito sabato a teatro con Kruder e Dorfmeister.

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Kruder&Dorfmeister: il suond di Vienna che affascina la notte di Londra

 

di Benedetto Marchese

Dall’uscita del doppio “K&D sessions” sono passati ormai dodici anni, ma Peter Kruder e Richard Dorfmeister rappresentano ancora un punto di riferimento nella club culture internazionale, come testimoniano l’attenzione dedicatagli dagli appassionati, ed il successo del tour mondiale la cui data newyorkese ha ricevuto ottimi riscontri anche sull’autorevole New York Times. Un ritorno sulle scene in grande stile, dopo qualche tempo dedicato a progetti paralleli, evidenziato anche dalla prima esibizione a Londra lo scorso 22 ottobre nel raffinato Roundhouse di Chalk Farm, a pochi passi dalla caotica Camden Town. Accolti dai bagarini all’ingresso e dalla giustificata curiosità di un pubblico eterogeneo, affascinato negli anni dall’inconfondibile sound dell’etichetta G-Stone, i due dj viennesi si presentano sul palco dell’arena circolare introdotti dall’mc Earl Zinger e circondati da dodici schermi che sono il valore aggiunto dello show. Un set cronologico “dal passato, al presente, al futuro” come spiega il teatrale e coinvolgente maestro di cerimonia mentre il caldissimo ritmo di Rollin on Chrome abbraccia il pubblico in un ritorno al passato da brividi. Con una sottile linea rossa a disegnare forme caleidoscopiche sui led luminosi, dall’alto della loro postazione Kruder e Dorfmeister aprono così un set che nella prima parte prosegue con i capolavori che li hanno resi celebri: dal remix di “Bug powder dust” di Bomb the bass, a quello di “Useless” dei Depeche Mode. Piccoli pezzi di storia della musica elettronica che costringono agli straordinari decine di digitali ed iPhone puntati verso quello che per lunghi tratti diventa un unico grande scherno cinematografico, con al centro i suoi due protagonisti principali. Attori con l’eleganza di un film di Tom Ford, impeccabili nei loro completi neri e nel produrre un sound che gradualmente vira verso latitudini più house e minimali, accompagnato dalle voci di Zinger e di Ras Tweed, l’altro mc che balla ed improvvisa con lui con tipico accento giamaicano, entrando ed uscendo dai brani scanditi anche dai giochi di luce ed immagini sui monitor. Linee geometriche, figure colorate, sagome in movimento e riprese della crew G-stone, vengono meravigliosamente manipolate da Fritz Fitzke il quale riesce a creare un impianto scenografico che spesso prende il sopravvento sulla musica, portandola ad essere in più di un’occasione colonna sonora dello spettacolo. Fra le suadenti linee di basso e batteria si riconoscono anche produzioni più recenti come “Law of return” e “Voom voom baby”, mentre il finale regala due perle che conquistano senza troppi problemi l’ovazione di un pubblico rapito dallo show. La prima è un omaggio a “We will rock you” dei Queen il cui ritornello fa però riferimento alla G-stone, prima di accelerare su un tempo drum and bass e dissolversi nel capolavoro “Speechless”. La seconda, che chiude un’esibizione quasi perfetta, è la cover di “Let it be” dei Beatles, proposta in versione karaoke e con il titolo modificato in “K&D”. Un finale ironicamente autocelebrativo che risplende nella notte londinese ammaliata dai due brizzolati produttori viennesi.

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