Archivi tag: laspezia

Good Old Boys, i cinque fratelli del rap sulla strada del Boss

IMG_20150809_020802

(@dettobene)

Rap, sudore e amore: niente a che vedere con il trascurabilissimo tormentone estivo di qualche anno fa, ma il riassunto ben più sostanzioso del passaggio sul palco del Boss dei Good Old Boys, ovvero Colle Der Fomento e Kaos One, figure chiave dell’hip hop italiano che hanno confermato, se ancora ce ne fosse bisogno la loro la loro attitudine live ma anche il solidissimo legame con una città che in ogni occasione ha sempre ricambiato il loro arrivo con grande affetto. Mai prima di questa edizione del festival al Centro Allende, si erano però presentati tutti insieme nella versione che ormai da due anni li vede in tour come unica entità con tre microfoni e i due dj Baro e Craim.
Il risultato, in una città coinvolta nella scena fin dagli inizi, poteva essere solo un set caratterizzato dai brani più importanti delle rispettive carriere messi in rima a pochi centimetri da un pubblico che ha profuso ogni goccia di sudore ma non ha perso né un beat né una sola strofa di quei cinque amici, o fratelli come loro stessi si definiscono, dagli stili diversi ma perfettamente complementari con identità e coerenza come punti di partenza.

IMG_20150809_020615
“E’ che se volemo bene” puntualizza Danno – con l’accento romano con cui negli anni assieme all’impeccabile Masito ha raccontato vizi, strade e vita della Capitale – introducendo “Sergio Leone”, singolo che due anni fa doveva anticipare l’imminente uscita di un album che ancora non c’è mentre i ‘colleghi’ continuano a sfornare lavori più o meno discutibili in un momento in cui sotto la parola ‘rap’ si vende tutto o quasi. Qui c’è forse il tratto distintivo dei Colle Der Fomento come di Kaos e quindi Good Old Boys: centinaia di concerti ovunque in giro per l’Italia ma pochi album, senza sentire l’esigenza di monetizzare indiscutibili talento e passione. “Non ci vedete in tv e non ci sentite nelle radio – rivendica l’mc – ma siamo ancora qui, a testa alta, dopo vent’anni”. Il motivo è spiegato dalla carica di pezzi come “Piombo e fango”, “Firewire”, “Ghetto Chic”, “Capo di me stesso”, “Ciao ciao” o “Più forte delle bombe” e dalle parole che lo stesso Danno rivolge ai giovanissimi delle prime file “Fidatevi solo di quello che piace a voi, state alla larga da chi avanza salendo in testa agli altri, siate precisi. Non ascoltate artisti senz’anima”. Fra questi ultimi non c’è sicuramente Kaos One, precursore del rap italiano che in un mercato come quello attuale potrebbe vivere di rendita su quanto fatto dalla metà degli anni Ottanta ad oggi e invece, con l’inconfondibile voce roca di sempre, mette in rima la distanza dalla faccia più commerciale della stessa medaglia. Ecco “Uno”, “Carcere a vita” e “Quello che sei” prima di “Cose e preziose” e “La fenice”, collaborazione datata 2007 e ancora di fortissimo impatto live.

IMG_20150809_183226
Fra scratch, rime e citazioni di Morricone, con il pubblico del Boss già conquistato da un bel po’, non può mancare un omaggio a Sean Price, rapper statunitense scomparso prematuramente poche ore prima e ricordato dallo stesso Danno, sia in apertura che sulla fine del concerto quando, accennando alla sua storia fatta di errori e grandi ritorni ribadisce: “C’ha messo il cuore e l’anima perché non è vero che conta solo chi vince e che nella vita c’è un solo round, nella vita dovete crederci e voler bene a chi vi sta accanto”. A pochi metri da lui c’è ancora Kaos, uno dei cinque fratelli sulla strada: “Speriamo di avervi lasciato qualcosa – conclude rivolto alla sua gente – di sicuro noi qualcosa di buono ce lo portiamo via”. Solo amore.

IMG_20150809_184218

(pubblicato su Cittadellaspezia il 9 agosto 2015)

Lascia un commento

Archiviato in Music

Buon viaggio Califfo

Funerale Califfo

(@dettobene)

Ci sarà tutta la Curva Ferrovia domattina alle 11 alla chiesa del Favaro per l’ultimo saluto a Marco Canalini, per tutti “Califfo” scomparso ieri sera all’età di 52 anni, la maggior parte dei quali trascorsi al seguito dello Spezia. “Cali'” solo poche settimane fa era tornato al Picco per l’ultima volta, per vivere ancora l’atmosfera di un luogo in cui nessuno ti chiede cosa fai e da dove vieni, un luogo in cui la passione comune diventa legame fraterno. Lui veniva dal Favaro, quartiere che ha dato tantissimo alla storia del tifo spezzino compreso il gruppo degli ‘Irriducibili’ la cui la chiave inglese al centro dello striscione identifica l’estrazione popolare e saldamente legata alle proprie origini. Con loro aveva girato l’Italia in auto o su pullman sgangherati e oggi proprio quei ‘fratelli’ acquisiti macinando chilometri o cantando al freddo sotto la pioggia in campi sperduti, lo piangono commossi ricordando la sua semplicità, quel fisico esile, la voce roca, il sorriso e la barba grigia sopra il volto scavato dalla vita. Ha visto crescere tutti gli ultras che negli ultimi trent’anni hanno alzato al cielo una sciarpa aquilotta e con poche parole e una presenza discreta ma costante gli ha insegnato ad amare la maglia più dei giocatori, dei risultati e delle mode. I più giovani lo chiamavano ‘nonno’ e lui non mancava di prenderli in giro con l’ironia che lo ha sempre contraddistinto.
Fiero del suo quartiere e della sua tradizione di sinistra frequentava attivamente il Circolo Arci e la Skaletta ed era un membro aggiunto dei VisiBì che lo ospitavano spesso durante le loro esibizioni.
Da domani il suo nome andrà ad aggiungersi a quelli di Mirco, Ilaria, Mattia e tutti gli altri presenti nel murales all’ingresso della Curva Ferrovia, mentre il suo ricordo resterà nelle persone che lo hanno conosciuto sui gradoni del Picco o per le strade del Favaro. (08/10/14)

Se non ci fosse stato il carro funebre ad indicarne inequivocabilmente il motivo, il corteo di questa mattina al Favaro avrebbe potuto essere scambiato per uno dei tanti che in questi anni hanno accompagnato le partite più importanti o i momenti storici nella storia dello Spezia Calcio. La presenza del feretro di Marco Canalini detto ‘Califfo’ davanti a parenti, amici di una vita o semplici conoscenti ha invece riportato tutti all’atmosfera triste e disperata che accomuna questi momenti. Torce, sciarpe e bandiere hanno così accompagnato lo storico sostenitore aquilotto, scomparso lunedì pomeriggio, dal piazzale del circolo Arci fino alla vicina chiesa dove diverse generazioni di ultras della Curva Ferrovia si sono strette attorno ai suoi parenti per cercare di alleviare un dolore che ha però riguardato tutti, in particolare i compagni di tanti episodi vissuti in lungo e in largo per la Penisola al seguito della maglia bianca.Momenti spesso tragicomici, talvolta pericolosi, dei quali si ricordano anche i dettagli più insignificanti e che fanno parte di un bagaglio di esperienze personali condivisibili solo con chi ti sei ritrovato a fianco a San Siro come ad Acireale. Pezzi di vita nei quali il calcio assume un ruolo quasi marginale come alcuni dei suoi interpreti che in una mattinata come questa avrebbero potuto apprendere sfumature emozionali molto significative sul proprio mestiere, toccando con mano gli aspetti più genuini della passione e dell’amicizia. Valori che hanno accomunato i tantissimi presenti che hanno dedicato al loro “Cali” lacrime sincere, rompendo un silenzio rispettosissimo solo per scandire il suo nome che presto tornerà a girare l’Italia su un drappo con i colori di una vita. (09/10/14)

(pubblicati su Cittadellaspezia)

Lascia un commento

Archiviato in Senza categoria

Pesto e pesto

Pesto e pesto

(@dettobene)
Vivere in Liguria non significa trovare sempre del buon pesto, anzi. Trattorie, ristoranti e osterie spesso usano prodotti industriali lontani dagli standard minimi di gusto e qualità ai quali siamo abituati.
Ieri ho mangiato fuori casa sia a pranzo che a cena – trattorie molto abbordabili – e in entrambi i casi mi sono capitati dei piatti conditi con pesto. A pranzo le trofie nella foto che non hanno tradito le aspettative. A cena dei panigazzi con del pesto pieno d’aglio, scurissimo e molto pesante che ha rovinato tutto il resto. Stamattina c’ho riflettuto: un pessimo pesto è peggio di un pessimo pasto.

1 Commento

2 marzo 2014 · 22:21

Fabrizio De Andrè a Sarzana: il concerto, la piazza e i ricordi

Immagine

(@dettobene)

“Non sono capace di recitare, mi considero un suonatore di chitarra. Non credo di essere l’interprete ideale per le mie canzoni”. La voce fuori campo è inconfondibile, così come lo è la figura che passeggia alla Fortezza di Sarzanello o in via Mazzini. Camicia rossa, jeans e l’immancabile sigaretta in mano: Fabrizio De Andrè si racconta così ai microfoni della Rai il 29 agosto del 1981 a poche ore dal suo concerto a Sarzana.
Un documento che anche oggi, nel giorno della su nascita, testimonia un passaggio importante e l’inizio di una storia culminata il 24 ottobre del 2009 con l’intitolazione di una piazza al cantautore genovese che era molto legato a Sarzana e al nostro territorio. “La frequentava spesso per motivi personali, fermandosi sempre volentieri quando andava a Carrara – racconta Mimmo Iorio, memoria storica di tutto ciò che riguarda Faber in Val di Magra e non solo – in zona ci sono molte cose che riguardano Fabrizio e la sua vita”.
Ci sono innanzitutto le immagini che lo ritraggono mentre chiacchiera con i fan e guarda dall’alto una città in espansione. Sfondo per le riflessioni sulla sua voglia di emergere in una famiglia medio borghese e sui dubbi e le incertezze del suo essere artista: “Quando noto delle carenze nella capacità di sintesi -rivela De Andrè mentre scorrono le immagini delle prove- mi faccio aiutare da chi è più giovane come fece anche Dylan in ‘Desire’. Credo di essere sempre riuscito a fare meglio i testi delle musiche, questo è un grosso limite. L’unico che è riuscito a cucire le due cose è Lucio Dalla”.
Del suo passaggio a Sarzana restano ovviamente anche la musica e i testi del tour dell’album l’Indiano che avevano caratterizzato l’esibizione del Miro Luperi, dove lo avevano accompagnato fra gli altri il figlio Cristiano, Mauro Pagani, Pepi Morgia e Massimo Bubola nel duetto di “Una storia sbagliata”.
“Negli anni scorsi – prosegue nel racconto Mimmo – ho impiegato quasi due mesi per riuscire a risalire al nome di chi aveva portato De Andrè a Sarzana. Era stato Paolo Bedini che all’epoca aveva solo diciannove anni ma era riuscito a contattarlo curando ogni minimo dettaglio. Quando finalmente i due si incontrarono, trovandosi di fronte un ragazzo così giovane, Fabrizio gli disse sorridendo: “siamo tranquilli?”. Paolo, che in seguito avrebbe organizzato altri eventi molto importanti, era molto agguerrito, aveva contattato anche la Rai per le riprese di quello che fu il suo primo concerto ad essere registrato, seguito molto tempo dopo da quello del Brancaccio. De Andrè si fermò per alcuni giorni con Dori Ghezzi alloggiando alla Locanda dell’Angelo. Qui stava molto bene e ci passava spesso, qualche anno fa qualcuno lo notò fra il pubblico ad un concerto nell’area di Gerardo. Io andai a trovarlo anche in Sardegna mentre nel ’98 gli inviai una bottiglia di “Creuza de mà”, vino delle Cinque Terre che gli era stato dedicato”.
Pochi infatti possono vantare un numero di riconoscimenti simile a quello di Faber al quale sono state intitolate scuole, strade, teatri, parchi, targhe e premi. Anche molte piazze, una delle quali a Sarzana, proprio grazie all’impegno di Mimmo Iorio e di tutti coloro che nel 2009 hanno avviato le procedure necessarie. “Avevamo iniziato la raccolta firme per far parlare della cosa – spiega Mimmo – ma non ci saremmo mai aspettati di arrivare a 5500 adesioni. La gente arrivava all’Arci con i moduli pieni e ne chiedeva altri: da Paolino Ranieri a Don Gallo, da Fiorella Mannoia a Piero Pelù tutti hanno dato il loro contributo. Anche Fabio Fazio, il quale firmando disse: “E’ importante che ci sia una piazza con il suo nome perché un giorno un ragazzo leggendolo andrà a scoprire e ad ascoltare le sue canzoni”.
L’iniziativa aveva trovato subito l’adesione del Prefetto che aveva dato l’ok raccogliendo l’invito della Giunta Caleo, ed era diventata realtà con l’inaugurazione nella piazza di via Landinelli alla presenza di tutte le autorità e della moglie”.
Mimmo e De Andrè si erano conosciuti qualche anno prima prima, dopo la data all’Astra della Spezia, quando nel 1993 aveva girato l’Italia con un tour caratterizzato da brani dedicati alle donne. “In quell’occasione Dori cantava nel coro – ricorda – mentre con lui mi ero trovato casualmente dietro le quinte. Cosa capitata diverse volte, anche in occasione di uno dei suoi ultimi concerti, proprio al Picco”. Era il 7 agosto 1998 e chi c’era la ricorda ancora come un’esibizione intensa ed emozionante con Faber già malato che il giorno dopo ad Arenzano tenne il suo ultimo concerto in Liguria.
“C’era un clima malinconico, mi ricordo che nel pomeriggio stavo parlando con Mauro Pagani quando lui apparve sul palco, da solo con la sua sigaretta, sapevamo già tutti della sua malattia. Al Picco si era esibito due volte, ma da giovane aveva frequentato spesso piazza Brin. Arrivava da Genova con un amico e andava da Biso a portare i suoi dischi da vendere. Erano gli inizi della carriera, eppure vendeva già più di Battisti”.
Oggi Fabrizio De Andrè avrebbe 74 anni e se fosse ancora qui potrebbe capitare di incontrarlo a passeggio in via Mazzini come in quel pomeriggio del 1981 quando sottolineava: “Siamo quasi tutti artisti ma non abbiamo il tempo o l’opportunità di esserlo”. Può darsi, ma Faber era uno solo.

(pubblicato su Cittadellaspezia il 18/02/14)

Lascia un commento

Archiviato in Senza categoria