di Benedetto Marchese
(pubblicata si Cittadigenova il 04/07/2009)
A centinaia di chilometri dalla sua Genova, a otto anni dal tragico luglio del 2001, ieri Giuliano Giuliani ha incontrato il pubblico del Rototom Sunsplash raccontando il suo punto di vista sulla vicenda, quello di cittadino e di padre, ma soprattutto di uomo ancora alla ricerca della verità. A margine dell’incontro ha deciso con molta disponibilità di ampliare con Cittadigenova i temi trattati nel seguitissimo dibattito.
Sono già trascorsi otto anni da quel luglio 2001, la città di Genova come ha vissuto questo lasso di tempo nel quale si sono susseguiti dibattiti, ricordi e processi?
È normale che una città ferita abbia anche la tendenza e la tentazione di andare oltre, di guardare avanti dimenticando. Però questa cosa effettivamente non è successa, certo non c’è l’attenzione del primo o del secondo anno, questa inevitabilmente tende a ridursi. Mi pare però ci sia la voglia di trovare finalmente una visione di verità, nonostante l’assassinio di Carlo sia stato archiviato, gli altri processi hanno fatto emergere altri particolari drammatici, da una parte quello dei manifestanti e dall’altra poliziotti e forze dell’ordine. Hanno avuto degli esiti anche in qualche modo contraddittori. Secondo me quello che fino ad oggi non è uscito è il principio di responsabilità, quello che doveva stabilire le colpe di chi era in alto prima che in basso. La responsabilità maggiore è sempre in alto. Il dramma che cresce interiormente questo clima di impunità o meglio di impunibilità.
In questo senso il comitato “Piazza Carlo Giuliani” ha il compito di tenere viva e vigile l’attenzione su quei giorni.
Stiamo lavorando all’inaugurazione della sede che avverrà nei prossimi giorni. Il comitato ha come finalità la ricerca della verità, vuole informare e cercare di fare luce sui fatti del G8, ma anche fare attività di solidarietà, dalle adozioni di bambini a distanza agli aiuti per la Palestina, ma anche donazioni alla comunità di Don Gallo.
Torna dopo tre anni qui al Rototom di Osoppo, un luogo sempre aperto alle tematiche sociali, che guarda ai giovani come risorsa e punto di partenza per il futuro
Questo luogo è meraviglioso, è difficile trovare così tanti giovani tutti insieme come in questa occasione. La stessa sensazione importante l’ho avuta durante il recente Gay Pride di Genova. La città ha aderito con entusiasmo perchè ha capito lo slogan di fondo: se non difendi i diritti dei più deboli poi vengono intaccati anche i tuoi. La gente ha capito ed era li a difesa di un diritto per salvaguardare anche i propri e questo ha un valore importantissimo. È un messaggio generale che dovremmo avere il coraggio di lanciare, anche dal punto di vista politico.
Se a Genova le aule dei tribunali continuano ad ospitare processi legati al G8, altrove ne sono in svolgimento altri che la riguardano molto vicino, altre famiglie come la sua cercano verità sulla morte dei propri giovani figli; mi riferisco al caso Aldrovandi e a quello Sandri.
Questo è l’effetto di tale clima di impunità, il fatto di Federico Aldrovandi è chiaro. All’inizio c’è stato troppo silenzio e la paura di tanta gente, solo una cittadina ha fornito la propria testimonianza squarciando il velo del silenzio. La responsabilità è evidente, è stato un omicidio. Il caso Sandri purtroppo è molto simile a quello di Carlo, si è parlato di spari in aria e deviazioni, sempre con lo stesso funzionario coinvolto. Torniamo al discorso del principio di responsabilità. Tutti gli anni mi chiamano a parlare nelle scuole di Genova, vedo molta attenzione da parte dei giovani e a loro ripeto sempre che forse quello di Carlo è stato un gesto di difesa della nostra libertà che valeva la pena di fare.
Foto: Luca Sgamellotti per Rototom Sunsplash