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Pasolini e i Partigiani di Sarzana

12 dicembre

(@dettobene)

Fra l’intervista alla vedova Pinelli, la rivolta di Reggio Calabria e i morti delle cave di Carrara c’è anche un po’ di Sarzana con lo scontento degli ex partigiani “traditi” dalle scelte e dalle decisioni del Partito Comunista nel Dopoguerra. Ritratti della realtà operaia e politica dell’Italia poco dopo la strage di Bologna e la misteriosa morte dell’anarchico milanese, inseriti da Pier Paolo Pasolini nel documentario “12 dicembre” realizzato con Lotta Continua e pubblicato nel 1972. Una collaborazione quella fra l’intellettuale di cui oggi ricorre il quarantesimo anniversario della morte e il collettivo extraparlamentare, che per quanto inizialmente inattesa portò invece alla composizione di un viaggio politico e sociale in un periodo storico caratterizzato da tensioni, lotte operaie, povertà e appunto il malcontento di alcuni ex combattenti “traditi” dopo la Resistenza.

Sul documento recentemente restaurato è stata ormai chiarita anche la chiara paternità di Pasolini grazie al ritrovamento di una registrazione, riportata anche dal Centro Studi di Casarsa della Delizia, nella quale lui stesso spiega: “C’ho lavorato, l’ho montato io, ho scelto io le interviste ma non ho messo la regia, perché gli avvocati che l’hanno visto mi hanno detto che era pericolosissimo, che mi avrebbero messo in prigione. E allora abbiamo trovato una formula per cui il mio nome ci fosse, perché chi voleva capire capisse, ma formalmente non potessero procedere contro di me. Io ho girato circa un sessanta per cento, ma l’ho montato tutto io. Però – e questo è il punto – non ci ho messo la mia ideologia. Da una parte ho messo quella che è la realtà, dall’altra ho fatto dire le loro idee a questi di Lotta Continua”.
Nei crediti iniziali si legge infatti “da un’idea di Pier Paolo Pasolini” mentre soggetto e sceneggiatura sono attribuiti a Giovanni Bonfanti e Goffredo Fofi anche se come detto lo scrittore e regista girò in prima persone alcune sequenze.

La parte sarzanese venne invece affidata a Mario Schifano, altro protagonista di primissimo piano della cultura italiana dagli anni Sessanta in avanti. Straordinario pittore (ma anche regista) che fu a lungo sostenitore e finanziatore di Lotta Continua e che Sarzana girò la scena in un’osteria di via della Pace gestita allora da un certo Bastian. Pochi minuti che davanti al bancone riprendono seduti attorno ad un tavolo un giovane Andrea Ranieri, che in merito “a Stato e partiti che non riescono a mettere nell’illegalità il fascismo” replica con una battuta sullo “Stato che è fascista”, e i partigiani Ernesto Parducci, “Martin” Isoppo e Magnolia detto “Gas”, oggi tutti scomparsi.
“Quando siamo andati ai monti eravamo un nucleo di gente pura che lottava per un ideale – dicono gli ormai ex combattenti – volevamo realmente cambiare la situazione ma è stato un inganno, una truffa. Hanno venduto quello che era il movimento partigiano”.

Una frustrazione per quello che non è stato dopo una stagione di lotta sanguinosa anche in Val di Magra, ben spiegato anche da Martin: “Quando tornai a casa nel maggio del 1945 mi dissero “cerchiamo di fare l’Italia con un altro sistema democratico e avanzato, con le riforme, senza tirrania o monarchia. Ma le cose non erano cambiate – osserva – cominciavano le lotte, gli scioperi, cominciavano di nuovo a sparare, mi dicevo “che Repubblica abbiamo fatto quando ci sono morti, la polizia che spara e Togliatti che concede l’amnistia ai fascisti?”. Che Repubblica abbiamo fatto, dicevo fra me e me, ma loro mi rispondevano: “Un passo alla volta, un passo alla volta, un passo alla volta”. Passi che sono sempre stati fatti nello stesso posto, tanto che per conto mio dove il Partito Comunista mi diceva di fare quei passi c’è un buco di due metri”.

(pubblicato su Cittadellaspezia il 2 novembre 2015)

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