Archivi tag: trasferte

Vincere a Chiavari

27629110_10215524353201959_2035182717915444636_o

(@dettobene)

Questa è una trasferta senza pathos. Sarà la terza o quarta volta che vengo in  sto stadio e ho sempre preso solo freddo, umidità e gol, non c’è mai stato nulla di particolarmente interessante o da ricordare. Non c’è rivalità, non è di quelle che non ti fanno dormire la sera prima e poi la distanza è troppo breve; c’è pieno di gente che non vedi mai quando ci sono da fare più di cento chilometri.

L’unica istantanea di Chiavari che mi viene in mente è quella di Ramon: lui che arriva accompagnato da Teresa e io che gli scatto una foto mentre salutano un amico di vecchia data, e sorridono. Intorno c’è il solito casino di macchine e corriere ma tutti e tre si distinguono nettamente. 
Non ho una confidenza particolare con loro, però fermare la scena mi sembra una cosa quasi naturale, dovuta verso chi ha fatto un pezzo di storia della curva ed è lì in trasferta nonostante tutto. Poi in fondo mi è sempre piaciuto fare foto allo stadio. Come in ogni altra situazione per me è come prendere un appunto da conservare e ricercare per ricordare quel momento, una giornata o su una situazione precisa. Questa non è nemmeno particolarmente bella, è sfocata e fatta da lontano ma qualche tempo dopo diventerà ancor più significativa.

Ripenso a quel pomeriggio mentre passiamo davanti all’ingresso per cercare un posto dove mollare la macchina. E’ buio, pioviggina e manca più di un’ora alla partita. Una cosa incredibile per le nostre abitudini e ne approfitto subito per rompere i coglioni agli altri e cercare un posto dove mangiare. Non potete uscire” fa lo steward in un impeto di autoritarismo inutile, il tempo di trovare la stradina lungo l’Entella e siamo fuori dal recinto a caccia di cibo. In cinque, in direzione opposta allo stadio e con Andre che sembra un orco col cappuccio, diamo parecchio nell’occhio, ma qui il calcio è cosa da due ore il fine settimana e poi non manchiamo di rispetto a nessuno. La fame invece è cosa seria altrimenti non accetterei di mangiare in un posto con le pizze che hanno il nome delle canzoni di Vasco e le pareti sembrano quelle di un museo tutto dedicato a lui. Manca solo la cameriera con la fascetta sulla fronte.

Marco gode e Dani mi prende per il culo ma almeno arriviamo al settore ospiti a pancia piena. In ritardo ovviamente, perché abbiamo già perso la coreografia e il minuto per quel gran personaggio di Vicini. Siamo un ammasso casinista di giacconi fradici, patch Stone Island e cerate stropicciate, che si spostano continuamente fra il bar, la rete e i gradini di lamiera scivolosa a tre metri dal campo. Giochiamo in casa e glielo facciamo notare con l’arroganza che qui diventa quasi spontanea. Viene da dirla come quel fesso del cugino di Frodo in Green Street: “Entella, gioco così così, tifo zero”. Quelli che ci sono dell’altra parte si danno da fare, ma non c’è partita. In campo invece fatichiamo, del resto se i risultati fossero influenzati dalla passione avremmo una bacheca più grande. Un tempo intero di entrate dure, tiracci, pioggia e cazzate che diciamo io e Lore. Poi entra Giulietto e Palladino diventa quello che qualche anno fa ho visto zittire la Sud in un derby vero. Dani m’abbraccia e ride perché sa che dovrà mantenere la promessa, Marco è tranquillo perché tanto lui in trasferta non perde mai mentre Andre non si scompone troppo, anche se ci sta prendendo gusto.

Mentre passano i minuti e loro ci provano, picchiano e si buttano, mi viene in mente Roger. Stasera sarebbe qui anche lui, col giubottino leggero e il cappuccio legato troppo stretto sotto il collo. Al fischio finale tirerebbe giù un bestemmione liberatorio e poi ci piazzerebbe un sorriso dei suoi. Questi ultimi non mancano ma in mezzo a tutta sta gente mi piacerebbe cercarlo sapendo di poterlo trovare e guardarlo che se la ghigna felice come un bimbo. 

 

Lascia un commento

Archiviato in Football