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Libera in goal: L’égalité in trasferta a Scampia

L'égalité in trasferta a Scampia

(@dettobene)

“Napoli non è solo Gomorra, a Scampia abbiamo trovato una solidissima cultura della legalità e le persone incontrate ci hanno lasciato valori importantissimi”. Inizia da questa considerazione il racconto di Ilenia Morachioli – presidente dell’associazione L’égalité di Sarzana – dei quattro giorni vissuti con gli altri compagni di viaggio nel quartiere partenopeo tristemente noto per i fatti di cronaca legati alla camorra. L’associazione, nata dal presidio cittadino di Libera “Dario Capolicchio” e affidataria dal Comune del bene confiscato di via Landinelli, ha infatti anche una squadra di calcio a 7 iscritta al campionato Uisp Val di Magra che per il secondo anno consecutivo ha preso parte al torneo “Libera in goal” organizzato proprio a Scampia. “Ci siamo classificati decimi su tredici squadre partecipanti – sottolinea sorridendo – un risultato non entusiasmante ma il calcio è stato solo un pretesto per portare il nostro contributo in una manifestazione di grande impegno e riscatto sociale che ha dato modo, soprattutto a chi non c’era l’anno scorso, di conoscere una realtà che dopo il forte impatto iniziale, si rivela in tutta la sua complessità ma anche nella forza delle persone che la vivono quotidianamente in modo diverso dagli stereotipi proposti da media e tv”.
La comitiva di giocatori e accompagnatori (tutti di età compresa dai 17 ai 29 anni) e completata da Gabriele Bellè, Johan Gritti, Carmine Napoletano, Benedetta Valletta, Marco Lorenzo Baruzzo, Paolo Rissicini Alessio Vargiù, Enzo Alfarano e Francesco Baruzzo, è partita all’alba di giovedì dalla stazione di Sarzana dove ha fatto ritorno lunedì sera.
“Arrivando noti subito le strutture pubbliche dissestate e il degrado di un luogo apparentemente spopolato nonostante i palazzoni immensi – prosegue – poi però vedi anche il grosso cartello con la scritta “Basta crederci e trovi un mare di bene a Scampia”. Ecco, noi quel bene lo abbiamo trovato incontrando gli organizzatori dell’iniziativa che ci hanno condotto nella Scuola Calcio Arci, luogo colorato ed accogliente, pieno di bambini, adolescenti e genitori e dove abbiamo soggiornato in campeggio”.

Giunto alla sua quarta edizione il torneo è stato organizzato da RIME di Trieste (Responsabilità Impegno Memoria Educazione) e da Vo.di.Ca, acronimo dell’associazione di promozione culturale Voci di Scampia, e come sempre dedicato alla memoria di Antonio Landieri, ragazzo disabile ucciso per sbaglio il 6 novembre 2004 in un agguato ai “Sette Palazzi”. “La sua è una storia terribile – spiega Morachioli – visto che essendo stato scambiato per un affiliato ai clan era stato seppellito senza nemmeno un funerale. Solo l’anno scorso ne è stata accertata l’estraneità e la famiglia ha potuto svolgere una cerimonia pubblica. Tutto viene fatto in sua memoria e nei giorni del torneo abbiamo potuto conoscere i suoi genitori, persone dalla forza straordinaria che sono state sempre con noi e i ragazzi delle altre squadre provenienti da tutta Italia”.
Oltre alle partite e ad una visita nell’affascinante centro di Napoli i giovani della squadra sarzanese (unica rappresentante della Liguria) hanno avuto modo di confrontarsi anche con altre realtà dell’associazionismo che operano a Scampia. “Abbiamo conosciuto le mamme che ogni giorno portano i figli ai campi di calcio e sono coinvolte in altre iniziative extracalcistiche, e i membri dell’associazione “Chi rom ..e chi no” che si occupa dell’integrazione della comunità rom; i Pollici verdi e il Gruppo Gridas fondato da Felice Pignataro e che dagli anni Ottanta promuove l’arte tramite murales e il Carnevale di Scampia. Con “Resistenza Anti Camorra” – spiega poi Ilenia – abbiamo invece visitato una parte dell’immensa ex scuola chiusa per le poche iscrizioni e divenuta una centrale dello spaccio che loro nel tempo hanno in parte ripulito dal tappeto di siringhe che si era formato. Alcuni spazi recuperati ed intitolati a Gelsomina Verde, altra vittima estranea alla camorra, vengono ora usati per finalità sociali”.

Un contatto diretto dunque con un contesto lontanissimo dalla quotidianità della Val di Magra, utile anche in vista della prossimo avvio del progetto “Quarto piano” nell’appartamento confiscato in via Landinelli dove L’ègalitè sta creando un luogo di cultura, formazione e legalità. “L’esperienza è stata bellissima – afferma ancora Ilenia – tornare a casa non è stato facile proprio per la quantità di emozioni e sensazioni che quei luoghi hanno saputo trasmetterci. Abbiamo trovato una realtà complessa e abbiamo compreso il disagio vissuto dagli abitanti per l’immagine che viene raccontata di Scampia come ‘Gomorra’. L’impegno di queste associazioni permette di guardare oltre certi fatti verificatisi anche nei giorni scorsi, comunica motivazioni e voglia di fare anche in un contesto che non nasconde le proprie difficoltà. Grazie al calcio e a “Libera in goal” abbiamo trascorso tempo libero e momenti di approfondimento con altri ragazzi che come noi portano avanti certi valori perché in tutta Italia si parla di beni confiscati ma è importante uscire dal proprio territorio per vedere cosa succede altrove. Nell’Arci della scuola calcio ad esempio si fanno cose di una grandissima valenza sociale, inoltre abbiamo illustrato il nostro progetto del “Quarto Piano” raccogliendo ottimi riscontri e la promessa di visite a Sarzana. Nel frattempo – conclude – continuiamo a lavorare per ultimare gli interventi in vista dell’apertura e a preparaci per il campionato di calcio che riprenderà ad ottobre con base al campo sportivo di Canale a Castelnuovo Magra”.

(pubblicato su Cittadellaspezia l’8 settembre 2015)

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Quartograd: un altro calcio è possibile

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di Benedetto Marchese (@dettobene)

Scudetto claret & blue, martelli incrociati e un pallone di cuoio. No, questo non è il West Ham e Londra è lontanissima ma a Quarto, sobborgo flegreo a nord-ovest di Napoli, il club della working class per antonomasia ha ispirato un gruppo di ragazzi che con pochi mezzi e tanta passione ha dato vita al progetto “Quartograd”. Una squadra dilettantistica iscritta al campionato di Terza Categoria, fondata su valori come l’aggregazione sociale e l’antirazzismo; un progetto in antitesi al ‘calcio moderno’ e ai suoi meccanismi legati al business e alla vittoria ad ogni costo. Bandiere No Tav, striscioni su Cucchi, Aldrovandi e Paolo Scaroni, o di sostegno alla Palestina, accompagnano ogni settimana i giocatori del Quartograd che domenica a Marano saranno attesi da un scontro al vertice contro la squadra locale.

Dopo aver scoperto questa bella realtà grazie al grandissimo lavoro dei ragazzi di Sportpeople, ho chiesto al presidente dell’associazione Giorgio Rollin di raccontare la storia di questo club che si batte per i veri ideali del calcio.

Nel desolante panorama italiano il ritorno ad un ‘calcio popolare’ rappresenta qualcosa di significativo, come nasce Quartograd e qual è l’origine del nome?

L’A.S.D. Quartograd, nasce ufficialmente il 26 di Giugno del 2012, ma le sue radici gettano le basi molto lontano. Era Gennaio del 2010 quando un gruppo di compagni appartenenti alla Sezione di Quarto (Na) del Partito dei C.A.R.C. acronimo di Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo, dava vita alla “I Edizione del Torneo Antifascista e Antirazzista di calcio a 8”. Doveva essere un gioco e un modo per racimolare un po’ di soldi per i compagni imputati in vari processi (Lotta al Fascismo, per aver partecipato alle lotte ambientaliste antidiscarica ecc). L’Antifascismo e l’antirazzismo era ed è ancora la discriminante fondamentale per prendere parte al Torneo, insieme al desiderio e alla voglia di allontanarsi da un calcio che oramai è sempre più marcio e lontano dalla gente comune, quella che la mattina si alza e va a lavorare e senza lavorare non può stare. In un Paese che va a rotoli è inconcepibile che quattro privilegiati prendano milioni di euro per correre e divertirsi dando calci ad un pallone, insomma oramai il tanto odiato calcio moderno non è nient’altro che un’industria di soldi, in cui si specula sulla popolarità di quello che è secondo noi uno degli sport più belli al mondo e sulla passione di centinaia di migliaia di persone.  Convinti che questo, come tutti gli sport di squadra, abbia un ruolo sociale e pedagogico fondamentale, nell’educazione di ogni individuo decidemmo di imbatterci in questa impresa. Alla I Edizione del Torneo parteciparono 8 squadre, per un totale di 150 ragazzi, che si fronteggiarono sui campi di via Learco Guerra (dove svolgiamo tutt’ora il Torneo), da quell’esperienza l’idea di riproporlo nel periodo estivo di quell’anno (iniziare a Maggio e finire ai primi di Agosto).

La II Edizione fu un vero e proprio successo, il numero di partecipanti raddoppiò mentre la partecipazione al Torneo divenne sempre più popolare variopinta e massiccia: la nostra cittadina incominciò a dividersi in fazioni che tifavano per una piuttosto che per l’altra squadra, una serie di giornali locali si interessarono al fenomeno facendoci un po’ di pubblicità. Nella III Edizione il Torneo Antifascista di Quarto diventava un vero e proprio campionato parallelo a quello della Serie A (iniziò a Gennaio e finì ad Agosto) 20 squadre tutti contro tutti in un unico Girone all’Italiana, 400 gli iscritti, centinaia i Tifosi; un programma settimanale, autoprodotto che intervistava i protagonisti della settimana e faceva vedere la sintesi delle partite, 50° Minuto, in ricordo del “nostalgico” 90°Minuto (perché a calciotto i tempi sono due da 25’Minuto); un collettivo di gestione diviso in diverse commissioni.

Un Account FB e un canale Youtube, pubblicizzavano la cosa sulla rete, avevamo raggiunto il nostro salto di qualità definitivo, da cosa ristretta ad un gruppo di compagni e amici, stavamo arrivando praticamente a tutto il territorio Flegreo, non vi erano più solo squadre di Quarto, ma praticamente da tutta la provincia di Napoli.

Da Quest’esperienza ci venne in mente di fondare una vera e propria squadra da iscrivere in un Campionato Ufficiale (FIGC III Categoria di Napoli), per iniziare a portare la nostra esperienza a contatto con altre realtà, in modo tale da poter “infettare” con il nostro progetto, quante più persone e contesti nuovi possibili.

Così, partendo dai giocatori che partecipavano al Torneo, organizzammo uno stage per selezionare la rosa della squadra; in 80 si sono presentanti allo stage e la scelta (presa da una commissione tecnica) è stata davvero difficile. A quel punto dovevamo solo scegliere il nome della nascente Associazione Sportiva Dilettantistica, altra scelta molto ardua e difficile, scegliemmo dopo diverse discussioni e anche qualche litigata il nome di Quartograd. Il riferimento è a ovviamente a Stalingrad, in quanto eravamo tutti d’accordo che “come a Stalingrado non passarono i Nazisti, sui campi in cui gioca il Quartograd non passeranno il Fascismo, il Razzismo e l’odio verso il diverso”, fu questa considerazione a mettere tutti d’accordo.

Il discorso può essere esteso alle gradinate: nelle categorie superiori tessere e divieti hanno contribuito a spegnere la passione dei tifosi, voi invece riuscite a portare gente allo stadio, soprattutto in trasferta e ad utilizzare gli striscioni come efficace mezzo di comunicazione. Quanto è importante all’interno del progetto il sostegno dei tifosi che vi seguono? 

Il Collettivo di Tifosi che segue il nostro progetto è importante quanto la squadra e il collettivo dirigenziale. Da subito abbiamo deciso d’impostare l’asd in modo tale che alle riunioni in cui decidiamo le linee di sviluppo del progetto, oltre ai compagni che partecipano al collettivo dirigenziale, prendono parte anche due componenti della squadra e un rappresentante della tifoseria; ciò va praticamente controtendenza rispetto a quanto siamo abituati a vedere oggi nelle altre società. Qui tutti sono fondamentali e possono dire la loro; squadra, tifosi e dirigenza sono tre collettivi che mensilmente si confrontano e dibattono su problematiche e difficoltà affrontate durante la settimana.

Il Quartograd è riuscito a coinvolgere in questo modo una cittadina intera; siamo in III Categoria e quindi rappresentiamo gli ultimi degli ultimi del calcio dilettantistico ma ogni domenica sui gradoni degli stadi in cui giochiamo (quando ci sono) vi sono almeno cento persone che assistono alle nostre partite: giovani, pensionati, disoccupati, casalinghe, mogli dei calciatori, madri, figli, tutti insieme a supportare con la loro presenza un progetto che sentono proprio.

Per anni il calcio è stato utilizzato da chi di dovere per mettere masse contro masse, per alimentare una guerra tra poveri; noi invece dimostriamo che è possibile rigettare al mittente ogni tentativo di dividerci e utilizzare anche il tifo in modo diverso. Lanciando appelli, sostenendo campagne (come quella per i numeri identificativi sulle fdo) o denunciando abusi (Caso Cucchi) oppure prendendo posizioni (Corteo Contro la Repressione di Teramo). I nostri nemici non sono certo i ragazzi che incontriamo sui campi in cui andiamo a giocare, loro al massimo sono delle vittime delle stesse contraddizioni che ogni giorno viviamo noi in questa società; i nostri nemici dichiarati sono piuttosto coloro che ci costringono ogni giorno a vivere in territori sempre più devastati da politiche antipopolari di devastazione e saccheggio, di abbrutimento morale, sociale ed economico, in cui regnano disoccupazione, mancanza di servizi e di diritti fondamentali (istruzione, sanità, mobilità, casa ecc). Il Quartograd ha dato un esempio concreto da questo punto di vista: le masse popolari autorganizzate possono tutto, anche senza proprietari, presidenti e padroni che le comandano. Dobbiamo essere un esempio per quanti oggi giorno non ne possono più, di pagare sulla propria pelle il prezzo di politiche scellerate di macelleria sociale attuate dai vari Governi, solo uniti, collettivizzando anche i problemi possiamo distruggere il nostro nemico. Hai bisogno di una casa? Organizzati in un comitato e occupala. Hai bisogno di un lavoro? Organizzati in liste dei disoccupati con altri e lotta per ottenerlo. Hai bisogno di spazi di aggregazione? Organizzati con altri giovani e occupa.

Quartograd rappresenta forse anche a livello europeo uno degli esempi più efficaci di contrasto al ‘calcio moderno’, tema molto attuale soprattutto in Inghilterra dove il processo di cambiamento del football è iniziato con largo anticipo. Secondo te cosa possono fare i tifosi per invertire questa tendenza per rimettere in primo piano gli aspetti più affascinanti di questo sport?

Penso ad una campagna reale, che potrebbe e dovrebbe partire a livello nazionale tra quanti realmente non ne possono più e vorrebbero ripartire da quelli che sono le radici di questo bellissimo sport, iniziando dai tifosi e dagli appassionati che in questi anni sono stati umiliati dagli scandali e dalla repressione.  Potrebbero ragionare su un vero e proprio boicottaggio del cosiddetto calcio che conta, quello in cui girano i soldi, bloccare l’economica mettendo un vero e proprio freno a tutto. Mi spiego meglio: Aumentano i biglietti e le norme di restrizione per l’acquisto ? Non andare piu’ allo stadio. La Pay Tv ? Boicottala, oppure invece di fare 50 abbonamenti, ne facciamo uno e guardiamo tutti la partita insieme. Se ami questo sport, non scommetterci su, ogni euro dato allo SNAI è una coltellata al pallone di cuoio. Hanno capito che sulla passione dei tifosi si può lucrare, e per tale motivo stanno cercando di spolparci fino in fondo. Cosa farebbero se improvvisamente si svuotassero gli stadi e si riducessero del 50% scommesse e abbonamenti alla PAY- TV?. Agli appassionati veri, dico: ricominciate dalle origini, dai campi di periferia, quelli di terra battuta, in cui fango e sudore si mischiano in uno strano tanfo e dove non esiste alcuna gloria se non quella di urlare goal.

Al di là dell’aspetto strettamente calcistico cosa chiedete a giocatori e staff tecnico e come finanziate il progetto?

Ai nostri ragazzi, chiediamo di tradurre in campo, i valori e gli ideali che ogni giorno noi portiamo nelle strade, nelle piazze e negli stadi. A loro infondo è affidato il compito più arduo e difficile, quello di competere, agonisticamente e dimostrare che “Un Altro Calcio è Possibile”. Il progetto si autofinanzia tramite, cene, feste e attraverso donazioni di singoli, piuttosto che attraverso una quota mensile di 20€ che versano i calciatori. Abbiamo fatto delle Tessere di Sostegno Economico al progetto, una sorta di abbonamento che però non serve ad accedere allo Stadio (l’ingresso è gratuito e aperto a tutti), ma finanziano il Quartograd.

Quartograd non è solo calcio ma anche impegno sociale e aggregazione. Un punto di riferimento per i giovani in un territorio in cui insidie e problemi non mancano. Quali sono state in questo senso le difficoltà incontrate fino ad ora?

Le difficoltà sono tante, da trovare strutture che ci ospitano senza speculare sul nostro modo “diverso” di fare sport, fino al far capire a tutti di dover contare solo ed esclusivamente sulle proprie forze per andare avanti. Intorno a noi ci c’è chi lavora e chi studia anche se molti purtroppo sono disoccupati. In questo contesto le contraddizioni sono molteplici, noi cerchiamo di trattarle con un unico spirito, cerchiamo di essere inclusivi anche facendo le scelte più difficili, condividendo le decisioni e cercando di stimolare sempre il dibattito e il confronto tra le parti. Le nostre vittorie sono l’aver creato il confronto fra ragazzi che prima di questo momento mai si sarebbero sognati di partecipare ad un’assemblea di autogestione, piuttosto che coinvolgere e stringere legami con altre realtà, una su tutti i ragazzi di Frattaminore che dopo aver giocato contro di noi e aver conosciuto la nostra esperienza, hanno deciso di portare avanti una mobilitazione popolare sul proprio territorio per farsi affidare il campo comunale. Lo spirito di gruppo è un’altra vittoria fondamentale, come l’aver portato in III Categoria ragazzi che si sono completamente allontanati dal mondo del calcio perché nauseati dal marcio che ci gira intorno o che al contrario hanno giocato in Campionati di Eccellenza, Promozione, Serie D o ancora nelle giovanili di squadre professionistiche.

Dopo pochi mesi di attività il campionato sta andando alla grande e il progetto funziona, quali sono i prossimi obiettivi e dove vogliono arrivare Quartograd e la sua gente?

Vogliamo crescere e iniziare a muoverci sulle nostre gambe. Vorremo iniziare a lavorare con i bambini, spiegare a loro quello che noi abbiamo imparato durante il nostro percorso di vita: m’immagino una Scuola Calcio Popolare, in cui a secondo della propria condizione sociale le famiglie pagano una retta d’iscrizione per sostenere il progetto. Allargarci anche ad altre discipline, iniziare a sviluppare un principio ad ampio raggio di Sport Popolare, e per Tutti, magari creare una Polisportiva, curare il corpo insomma ossia curare il proprio equilibrio psico-fisico. Avanti Quartograd!

Torneo antirazzista

Tifosi Quartograd

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